E' stato il suo ultimo discorso sullo Stato dell'Unione, quello tenuto ieri da Obama, davanti al Congresso americano. Come tale non poteva non essere da una parte un bilancio sui suoi due mandati presidenziali e dall'altra una visione, ovviamente ottimistica, sul futuro del paese. Gli Stati Uniti possono contare su un'economia in crescita ed un rafforzamento della loro posizione sullo scacchiere internazionale. Non ha usato mezzi termini, ha detto chiaramente che gli USA sono la nazione più forte del mondo: "Se qualcuno cerca una guida, non va a Mosca o a Pechino, viene da noi". Secondo il presidente uscente, non essere impegnati su tanti teatri di guerra come in passato non è un segno di debolezza, come sostengono anche i vari candidati in corsa per sostituirlo. Si è rammaricato di non essere riuscito ad appianare i contrasti fra i partiti, che hanno impedito alcune delle riforme che gli stavano a cuore, ma ha ricordato anche i suoi successi, come la riforma sanitaria, l'operazione contro Osama bin Laden, il superamento della crisi finanziaria e la diminuzione della disoccupazione. Per il futuro, Obama prevede che nell'arco di dieci, venti anni l'America sarà in grado di garantire una migliore assistenza ed un'istruzione più accessibile ai bambini, avrà un più alto salario minimo, un esercito meglio equipaggiato, ma impegnato su meno fronti, una più efficiente gestione dell'immigrazione ed, infine, "ci saranno persone che inventeranno cose meravigliose". Ha concluso, fra le ovazioni dei membri del Congresso di entrambe le parti politiche, rivolgendosi anche al vicepresidente Joe Biden, che l'anno scorso ha perso suo figlio e affermando che il nuovo obiettivo, il nuovo viaggio verso la Luna di kennedyana memoria, sarà la lotta contro il cancro. L'America lo sconfiggerà una volta per tutte. Un po' le stesse parole pronunciate qualche tempo fa da Berlusconi. Auguriamoci che questa volta ci sia dietro una maggiore concretezza.