L'ex Ilva di Taranto - dipende dai punti di vista - può tirare un sospiro di sollievo perché l'altoforno 2 non deve essere spento. 

Nel giugno del 2015, non certo qualche mese fa, in seguito ad un incidente sul lavoro in cui perse la vita l'operaio 35enne Alessandro Morricella investito da una fiammata mista a ghisa, l'altoforno 2 dell'ex Ilva finì sotto sequestro, con i magistrati che comunque ne consentirono la facoltà d'uso, purché nel frattempo venissero intraprese le migliorie necessarie per rendere sicuro l'impianto.

Dopo quattro anni e mezzo le migliorie non sono state apportare e il giudice monocratico Francesco Maccagnano a metà dello scorso dicembre aveva deliberato di ritirare la facoltà d'uso dell'altoforno, atto che ne avrebbe determinato la chiusura, poiché lo spegnimento non solo avrebbe portato ad una diminuzione della produzione con conseguente cassa integrazione per ulteriori 3500 dipendenti - ipotizzata da ArcelorMittal - oltre all'impossibilità di un suo riutilizzo, perché quel tipo di impianto, una volta spento, si crepa e la sua riaccensione richiederebbe mesi di tempo e costi elevati per la sua ristrutturazione. 

Insomma, chiudere l'altoforno 2 avrebbe significato la quasi certa definitiva chiusura dell'acciaieria di Taranto.

I legali dell'ex Ilva in amministrazione straordinaria si erano appellati al Tribunale del Riesame di Taranto per evitarne lo spegnimento.

Oggi il Tribunale si è espresso concedendo una nuova proroga per la sua facoltà d'uso, per un periodo condizionato dai 9 ai 14 mesi, con le seguenti indicazioni: 

"A decorrere dalla data di deposito della presente ordinanza 6 settimane per l'adozione dei cosiddetti dispositivi attivi a decorrere dalla data del 19 novembre 2019; 9 mesi per l'attivazione del caricatore automatico della massa nella Mat (macchina a tappare, ndr); 10 mesi per l'attivazione del campionatore automatico della ghisa; 14 mesi per l'attivazione del caricatore delle aste della Maf (macchina a forare) e sostituzione della Maf".