«Rivolgo un caloroso saluto a Sua Maestà la Regina Paola, ai membri della Famiglia reale e alle autorità belghe e italiane convenute in un luogo così altamente simbolico per i nostri Paesi.La doppia ricorrenza dell’anniversario del disastro minerario di Marcinelle e della “Giornata Nazionale del Sacrificio del Lavoro Italiano nel Mondo” ci consente di ricordare con riconoscenza il sacrificio dei 136 minatori italiani che persero la vita al Bois du Cazier e di tutti i connazionali caduti sul lavoro all’estero.Con il loro operato essi hanno contribuito a promuovere i più alti valori sociali e culturali che animano la Costituzione repubblicana e la stessa Casa comune europea, a cominciare dal diritto al lavoro.Viviamo mesi difficili, segnati dall’impatto di molteplici crisi di diversa natura: dall’esecrabile aggressione russa all’Ucraina ai tanti conflitti irrisolti in altri quadranti geografici, dal cambiamento climatico all’insicurezza alimentare.  Tutto ciò accresce la precarietà economica e il rischio di sfruttamento di esseri umani. È quindi più che mai necessario mantenere salda la tutela dei lavoratori. Di tutti i lavoratori, ovunque essi si trovino, quale che sia la loro nazionalità, per prevenire e sanare inaccettabili forme di marginalizzazione.Nel ringraziare Sua Maestà la Regina Paola per aver onorato con la sua presenza questo momento di memoria, rinnovo le più sentite espressioni di cordoglio e vicinanza ai familiari delle vittime della tragedia di Marcinelle e di ogni altro tragico evento nel corso del quale cittadini italiani abbiano perso la vita nell’adempimento dei loro doveri professionali».

Questo il ricordo odierno del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 67° anniversario della tragedia di Marcinelle e della 22ª giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo. 

Anche la "patriota de noantri", il presidente del Consiglio al femminile, Giorgia Meloni, ha voluto rilasciare una dichiarazione sul tema, diffusa da Palazzo Chigi:

"La catastrofe della miniera del Bois du Cazier di Marcinelle dell'8 agosto 1956 ha segnato per sempre la storia nazionale ed europea.L'Italia ha pagato il prezzo più alto di quella tragedia. Dei 262 minatori vittime del disastro, infatti, 136 erano nostri connazionali. Avevano deciso, con sofferenza e dolore, di abbandonare la Patria per emigrare in Belgio. Lavorarono duro, con umiltà e dedizione, senza garanzie, in condizioni terribili e ora inimmaginabili. Persero la vita nel buio della miniera, ma la loro luce non si è spenta e risplende nel ricordo e nella riconoscenza tributati loro dalla comunità nazionale.Figli d'Italia ai quali la Repubblica rende omaggio oggi, celebrando la Giornata del sacrificio del lavoro italiano nel mondo. Ricorrenza istituita nel 2001 dall’indimenticato Ministro Tremaglia - con il quale ho avuto l'onore di essere insieme a Marcinelle - per ricordare e onorare i lavoratori italiani caduti in ogni continente e il contributo economico, sociale e culturale delle loro opere al progresso delle Nazioni che li hanno accolti.Marcinelle è diventata un simbolo, un tassello di quel grande mosaico che è la storia dell'emigrazione italiana, un susseguirsi di enormi sacrifici ma anche di straordinari successi e obiettivi raggiunti. Oggi rendiamo omaggio anche a tutto questo e riscopriamo il legame che ci lega agli italiani all'estero, ambasciatori d'Italia nel mondo col Tricolore nel cuore".

I patrioti di cui parla il presidente al femminile, la (post) fascista Giorgia Meloni, erano dei migranti economici, gli stessi per i quali adesso si fa venire le bolle al solo pensiero, oltre ad inveir contro come un'invasata nei comizi di partito. Gli stessi per cui lei si è doperata con sì tanto impegno perché non potessero esser salvati dalle navi umanitarie delle ong, lasciandoli così al loro destino nel Mediterraneo... spesso un destino di morte.

Le differenze di questi migranti economici con quelli morti in una miniera del Belgio?

Che loro erano bianchi e cristiani e si spostavano con delle valigie tenute con lo spago viaggiando via terra su dei vagoni di terza classe, mentre quelli di oggi sono per lo più scuri di pelle e musulmani e viaggiano via mare su delle barche di fortuna per cui hanno pagato un biglietto carissimo, dopo esser stati sfruttati e persino torturati.

Entrambi quei migranti avevano però un unico desiderio:  voler vivere una vita dignitosa che i politici e i residenti di allora, come quelli di oggi, gli volevano negare. Tutto questo a dimostrazione che la storia non insegna niente.


Undici migranti, tutti provenienti dall'Africa sub-sahariana, sono morti e altri 44 risultano dispersi nel naufragio avvenuto lo scorso fine settimana al largo della costa tunisina, nei pressi di Sfax, in Tunisia. L'ultimo bilancio delle vittime è stato fornito a France Presse dal portavoce del tribunale di Sfax, Faouzi Masmoudi, aggiungendo che "le ricerche continuano".