Tra una settimana, il 5 novembre, i siciliani andranno a votare per rinnovare l'ARS, l'Assemblea Regionale Siciliana. Il voto prevede l'elezione diretta del presidente della Regione Sicilia e dei 70 deputati che ne formano il "Parlamento".

Coloro che i sondaggi hanno indicato come i più accreditati per poter ambire alla carica di presidente della regione sono Giancarlo Cancelleri per il Il Movimento 5 Stelle, Claudio Fava sostenuto da Azione Civile, Partito della Rifondazione Comunista, Partito Comunista Italiano e Risorgimento Socialista, Fabrizio Micari che rappresenta PD, AP e Centristi per la Sicilia, Nello Musumeci che, sotto l'ombrello di Diventerà Bellissima, raccoglie tutte le forze del centrodestra - attualmente all'opposizione del Governo nazionale - da Forza Italia alla Lega di Salvini.

Per questo motivo, a pochi mesi dal voto, le elezioni siciliane sono diventate una perfetta cartina di tornasole per le prossime politiche, per indicare ai partiti - in base alla legge elettorale ormai approvata - che cosa aspettarsi dal voro degli italiani e la convenienza o meno nel creare e o partecipare a possibili coalizioni.

Gli ultimi sondaggi resi noti indicano che per la vittoria la lotta è circoscritta tra il candidato di centrodestra Nello Musumeci e quello dei 5 Stelle Giancarlo Cancelleri, entrambi sopra il 30 per cento delle preferenze. Più staccati i candidati di centrosinistra, Micari, e sinistra, Fava, con quest'ultimo dato in netto recupero tanto che entrambi oscillerebbero intorno alla soglia del 15 per cento.

Un altro dato da non sottovalutare è che in base al campione, meno della metà dei siciliani che sono chiamati a votare sembra essere interessata alle elezioni ed al loro esito.

In base alle ipotesi di voto per i singoli partiti, la Sicilia parrebbe dover siglare la rinascita di Forza Italia, la consacrazione dei 5 Stelle come forza nazionale, il declino del Pd renziano e la possibile indicazione che una sinistra sinistra, o se si preferisce radicale, possa avere un futuro anche a livello nazionale.

A rischiare di più, in base all'esito del voto siciliano, è Matteo Renzi. Nel caso di un risultato abbondantemente sotto al 20 per cento per il suo candidato Fabrizio Micari, molti dei parlamentari che fino ad oggi ne hanno supportato i "capricci" votando riforme incomprensibili, illogiche e raffazzonate potrebbero voltargli le spalle se capiranno che "Matteo" non potrà garantir loro un seggio anche nella prossima legislatura.

Per il Governo, ormai a fine corsa, cambierebbe poco o nulla se la maggioranza parlamentare iniziasse a scricchiolare... l'unica conseguenza, peraltro positiva, sarebbe quella di anticipare la data del voto. Per Renzi, però, sarebbe un problema d'immagine e di raccolta di consensi nei confronti di quell'elettorato che finora lo aveva percepito come una specie di Re Mida della politica. Il rischio, infatti, è quello di perdere lo zoccolo duro di elettori che comunque gli consentirebbe di allearsi e governare, sempre invocando le circostanze (da lui stesso create) ed il senso di responsabilità, con Forza Italia... vero obbiettivo cui aspira come logicamente dimostra la legge elettorale che ha fatto approvare in Parlamento.

Matteo Renzi, per questo motivo, in Sicilia si sta giocando molto, se non tutto, del suo futuro politico.