Si è conclusa la tre giorni al Lingotto per la presentazione della candidatura a segretario del Partito Democratico di Matteo Renzi.

Sul modello della Leopolda, ospiti e idee espresse durante gli interventi e le discussioni avvenute in dodici workshop tematici saranno sintetizzate - come illustrato mel suo intervento da Tommaso Nannicini - in un dossier che verrà poi analizzato da Renzi che, a sua volta, provvederà alla stesura della propria tesi congressuale.

In pratica, Matteo Renzi vuol far credere che l'idea di partito che proporrà ai circoli e agli elettori delle primarie non è scritta da lui, ma dalla gente. Dopo tre anni di Matteo Renzi da segretario premier, credere ad un'ipotesi simile sarebbe da ingenui. Ma Renzi è talmente legato ai suoi schemi che non prende neppure in considerazione tale ipotesi.

Così, la conclusione dei lavori del Lingotto è stata la ripetizione del classico schema renziano caratterizzato da retorica e battute, ma privo di contenuti, fatte alcune eccezioni.

Le uniche cose concrete Renzi le ha dette in relazione all'Europa a cui vuole chiedere - coinvolgendo anche il gruppo del Partito Socialista - che il prossimo presidente del Consiglio europeo sia scelto direttamente tramite elezioni e che le regole fiscali tra i vari paesi dell'Unione siano le stesse per tutti, come avviene per le regole sul deficit.

Escluso questo passaggio, l'intervento di Renzi è stato un lungo, ossessivo ed estenuante ricorso alla retorica più classica e stantia - elemento piuttosto curioso per uno che si propone come innovatore - con cui venivano lanciati temi e slogan che richiamavano ulteriori temi ed ulteriori slogan in una specie di circolo vizioso fine a se stesso, senza che nessuno di questi venisse illustrato, motivato, spiegato.

Renzi, in tal modo, ha elencato una serie di contenuti che la platea, in estasi, ha applaudito spesso senza soluzione di continuità, sempre, però, senza conoscere quale fosse la posizione di Renzi in relazione ad essi. Artifici della retorica da comizio e da propaganda.

Comunque, per essere onesti, qualcosa di concreto sulla sua idea di partito Renzi l'ha detta, ricorrendo al dileggio per affermare che essere di sinistra non è andare su un palco, alzare il pugno e cantare bandiera rossa... quella è un'immagine da macchietta della sinistra... un'immagine da reduci e non da eredi. Ogni riferimento a Enrico Rossi, presidente della regione Toscana, è assolutamente voluto.

Per Renzi, l'eredità della sinistra invece è rappresentata dalle "storie belle", tra cui quella di Marchionne che ha creato lavoro difendendo le fabbriche come a Melfi e Pomigliano...
Ma Renzi si è dimenticato di ricordare che questa difesa ha visto la Fiat andare via dall'Italia e ha visto trasformare i lavoratori in persone mute e obbedienti, ricattabili e ricattate perché terrorizzate dalla perdita del loro posto di lavoro. Un'idea di sinistra 2.0 applauditissima dai compagni 2.0 presenti al Lingotto.

Per quanto riguarda future alleanze di governo, queste si faranno sulla base dei principi di legalità, giustizia e scienza, come ironicamente dimostra quanto accaduto finora con "compagni di viaggio" del calibro di Berlusconi, Verdini e Alfano. Anche in questo caso, gli applausi da parte dei numerosi "compagni 2.0" non sono mancati.

Naturalmente, non sono mancate neppure le battute e le stilettate nei confronti dei nemici: D'Alema, 5 Stelle, De Magistris... bacchettati a vario modo su argomenti relativi a politica e legalità.

Ma in fondo, chi più avrà da temere dalle parole di Renzi sono Orlando, Emiliano e Gentiloni a cui l'ex premier ed ex segretario ha fatto i migliori auguri di buon lavoro. Roba da far tremare i polsi!