Come dimostra l'ennesimo episodio di venerdì a Pozzallo, con oltre 60 migranti sbarcati dalla nave Asso 25 che verranno ospitati in Italia in strutture della Caritas, le traversate del Mediterraneo non si sono certo fermate nonostante le navi delle Ong non siano operative.
E, pertanto, non si sono fermate le partenze dei migranti dal nord Africa. Il perché è spiegato dal fatto che chi gestisce il traffico di essere umani e chi lo dovrebbe impedire sono spesso le stesse persone.
Una di queste si chiama Abd al-Rahman al-Milad, altrimenti conosciuto come Bija. Nel 2017, intervistato dal corrispondente del TG1 Amedeo Ricucci, Bija disse che si occupava di "certi traffici" che però avrebbe interrotto solo nel caso che qualcuno gli avesse offerto delle entrate alternative parimenti lucrative, come ad esempio la gestione della sicurezza dei siti petroliferi concessi ad aziende italiane.
Inutile specificare quali fossero, anzi quali siano, i traffici di Bija ed è anche immaginabile come siano stati utilizzati i fondi che l'allora ministro dell'Interno Minniti inviò in Libia ufficialmente perché i villaggi costieri avviassero attività alternative e legali per interrompere il traffico di esseri umani. Ed è anche immaginabile che il flusso di tali fondi non sia mai stato interrotto.
Al "signor" Bija, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dal luglio 2018, ha vietato viaggi e ha imposto il blocco delle sue attività in seguito alle indagini che la Corte penale internazionale dell'Aja ha avviato nei suoi confronti.
Bija, secondo l'Onu, dovrebbe stare in galera per i crimini commessi che, oltretutto, sono "supportati" dall'attività "regolare" da lui svolta. Infatti, assieme all'attività di rispettabile guardacoste, Bija unisce anche quella di contrabbandiere e trafficante di uomini. È una questione di ottimizzazione dei guadagni, visto che tutti finiscono per pagarlo: gli schiavi che lui tiene prigionieri per farsi liberare dai centri di prigionia e gli "europei" perché provveda a recuperare in mare le persone fuggono dai lager libici. Cosa che Bija fa, ma solo se quelli che deve "salvare" non sono quelli che lui ha fatto partire... è una questione di etica professionale!
Comunque, una volta che li ha "tratti in salvo" utilizzando il guardacoste Tallil, secondo le testimonianze raccolte all'Aja, i naufraghi sono da lui accompagnati nel centro di detenzione di al-Nasr, dove vengono detenuti in condizioni brutali e sottoposti a torture.
E per avere un'idea di cosa siano quei centri di detenzione, ecco l'ennesimo e recente servizio giornalistico che li descrive, stavolta realizzato dalla rete televisiva britannica Channel 4.
L'attuale Governo italiano si rifiuta di ammettere quanto testimoniato dalle immagini precedenti, oltre a rivendicare la bontà di quanto fatto finora per interrompere il traffico di essere umani, compresi i denari con cui vengono finanziati i trafficanti. Politica, va riconosciuto, condivisa con l'Europa e concordata con un accordo che è stato siglato a Malta quasi due anni fa.
La storia di Bija è stata raccontata in un articolo di quest'oggi, pubblicato su Avvenire, a firma di Nello Scavo.