Questo venerdì, il Censis ha pubblicato il proprio rapporto annuale, arrivato quest'anno alla 52.esima edizione, in cui analizza ed interpreta i fenomeni sociali ed economici dell'Italia, segnalando quindi i processi di trasformazione del Paese, analizzati per settori: formazione, lavoro, welfare e sanità, territorio e reti, soggetti e processi economici, media e comunicazione, sicurezza e cittadinanza.

Qual è in sintesi la fotografia dell'Italia secondo il Censis? Si può riassumere in questi termini: gli italiani non sono più brava gente, ma sono diventati meno buoni... anzi, per dirla tutta, sono proprio diventati cattivi.

Il Censis ha definito questa Italia "preda di un sovranismo psichico", con gli italiani arrabbiati e spaventati dalla crisi economica, tutt'altro che superata, ed i migranti a farne le spese come capro espiatorio.

Tale considerazione non è dovuta alla "logica buonista" del benpensante di turno, ma ai rilievi statistici del Censis, in base ai quali

per il 75% degli italiani gli immigrati fanno aumentare la criminalità,
per il 63% sono un peso per il nostro sistema di welfare.

Le percentuali sopra riportate combaciano con la media, del 67%, di coloro che guardano al futuro con paura o incertezza, con il potere d'acquisto delle famiglie che è ancora più basso del 6,3% rispetto al 2008! Senza dimenticare che è ancora emergenza lavoro, con i giovani laureati occupati che stanno praticamente scomparendo, dato che nel 2007 erano 249 ogni 100 lavoratori anziani, mentre oggi sono appena 143.

Secondo il Censis, "la delusione per lo sfiorire della ripresa e per l'atteso cambiamento miracoloso ha incattivito gli italiani. Ecco perché si sono mostrati pronti ad alzare l'asticella.

Si sono resi disponibili a compiere un salto rischioso e dall'esito incerto, un funambolico camminare sul ciglio di un fossato che mai prima d'ora si era visto da così vicino, se la scommessa era poi quella di spiccare il volo.

Non importa se si rendeva necessario forzare gli schemi politico-istituzionali e spezzare la continuita nella gestione delle finanze pubbliche. E' stata quasi una ricerca programmatica del trauma, nel silenzio arrendevole delle elite, purché l'altrove vincesse sull'attuale.

Si tratta di una reazione pre-politica con profonde radici sociali, che alimentano una sorta di sovranismo psichico, prima ancora che politico, che talvolta assume i profili paranoici della caccia al capro espiatorio, quando la cattiveria – dopo e oltre il rancore – diventa la leva cinica di un presunto riscatto e si dispiega in una conflittualità latente, individualizzata, pulviscolare".


A conferma che la "cattiveria" si accompagni al disagio sociale lo testimonia anche il dato che ci informa che "l'Italia è ormai il Paese dell'Unione europea con la più bassa quota di cittadini che affermano di aver raggiunto una condizione socio-economica migliore di quella dei genitori: il 23%, contro una media Ue del 30%, il 43% in Danimarca, il 41% in Svezia, il 33% in Germania".

E chi vive in questa situazione di disagio non pensa che in futuro andrà meglio: "Il 96% delle persone con un basso titolo di studio e l'89% di quelle a basso reddito sono convinte che resteranno nella loro condizione attuale, ritenendo irrealistico poter diventare benestanti nel corso della propria vita".

Da tutto ciò ha origine la mancanza di sopportazione degli altri che ha come conseguenza quella di sdoganare i pregiudizi... "anche quelli prima inconfessabili", generando in tal modo un "cattivismo diffuso che erige muri invisibili, ma spessi."


E se si pensa che in futuro tale situazione possa cambiare in meglio, il Censis ci dice che "il 35,6% degli italiani è pessimista perché scruta l'orizzonte con delusione e paura, il 31,3% è incerto e solo il 33,1% è ottimista".

I responsabili politici del cambiamento, in buona parte artefici dell'attuale situazione, non hanno ancora commentato il rapporto del Censis.