La polemica contro la leader di Fratelli d’Italia e le sue presunte commistioni con nostalgici o reprobi degli antichi fasti del regime fascista, arriva a sfiorare ormai  il ridicolo, se si guarda all’ultima polemica in ordine tempo scatenata da un tweet di Annalisa Cuzzocrea di Repubblica.

La notista politica del quotidiano romano, infatti,  ha così commentato la plateale uscita dall’aula di Montecitorio dI Giorgia Meloni, durante il dibattito con il ministro degli Interni Lamorgese, sulla gestione della sicurezza in occasione della manifestazione no green pass a Roma.

“Giorgia Meloni, interamente vestita di nero, lascia platealmente l’aula non appena la ministra Lamorgese conclude il suo intervento #opencamera”.

Questo il tweet della Cuzzocrea, parlando della mise della Meloni durante la seduta sulle manifestazioni di sabato scorso. Ma qui sta il primo inghippo, perche il vestito non era nero, ma blu scuro. L’interessata non ci sta e replica on line:

“E’ blu. Interamente vestita di blu. Quanto vi piace la mistificazione”.

E qui dopo la replica della giornalista che ha asserito di non aver visto bene il colore del vestito, è accaduto quello che spesso si verifica sui social, una valanga di insulti da parte degli haters. Alla replica della Meloni, infatti, sono seguite centinaia di insulti, anche di cattivissimo gusto, contro la giornalista rea a suo dire di aver avuto solo un problema di “vista che peggiora”.

La Cuzzocrea che certo non è nuova a queste uscite poco ortodosse riferite al centrodestra, probabilmente, però dovrebbe riflettere sul fatto che sarebbe sicuramente opportuno evitare di aggiungere benzina al fuoco della polemica su un ipotetico rischio di revanscismo fascista. Certo la giornalista ha subito asserito di non aver voluto fare nessuno leggera allusione al colore nero? Siamo sicuri che se La Meloni fosse stata vestita di giallo o perché no di rosso, la giornalista di Repubblica avrebbe fatto lo stesso commento?

Non esiste controprova, ma francamente il dubbio che dietro al tweet si nascondesse un velato riferimento ad un colore particolare che per definizione viene accostato alla destra estrema, resta forte. Anche perchè la stessa giornalista ha retwittato un commento dell’ex direttore Ezio Mauro che rincarava la dose afferamando che “sta a loro evitare che il nero diventi un connotato politico.”

E no caro dott. Mauro, un colore è un colore, se poi qualcuno di quel colore ne fa un uso caratterizzante un pensiero politico, non è che si può vietare ad altri di indossarlo, per non incorrere magari nel rischio di essere scambiati per pericolosi estremisti.

La questione potrebbe essere a tratti comica se non fosse che la polemica su fascismo ed antifascismo ha assunto toni pesanti che non sembrano avere attinenza con il clima che si respira nel nostro paese. Le frange di idioti e  nostalgici (ultimo ad unirsi al gruppo il falconiere della Lazio, beccato allo stadio a fare il saluto romano) di qualcosa che non tornerà fortunatamente più, ci saranno sempre, senza che però questo debba diventare un discrimine della lotta politica.

Perché accusare un partito politico come Fratelli d’Italia, primo partito del paese, di essere come fatto dal vicesegretario del Pd, fuori dall'arco costituzionale? È fatto gravissimo che dovrebbe far riflettere sul livello a cui è scesa la diatriba politica. In questo modo si crea solo tensioni e si dà corpo e importanza proprio a gruppuscoli che da tempo cercano nei partiti una qualche visibilità, ormai persa da anni. Forse sarebbe meglio tornare a discutere di programmi, di lavoro, di tasse, di economia, di problemi reali.

Perché il fascismo è stato il male assoluto, ma fortunatamente appartiene ad un passato che mai potrà tornare e questo lo sanno bene anche coloro che ora strumentalizzano l’ideologia a fini politici.

Perché se il dibattito politico arriva a misurare addirittura il colore del vestito di un politico o la cravatta dell’altro, la spilla sul bavero del sottosegretario o la felpa del leader di partito, non lamentiamoci se poi la gente andrà sempre meno a votare.