La nuova storia scritta dal romanziere Mimmo Parisi, Il suo nome è Bono Vox (LINEA-R, pag. 260) è atteso il 15 luglio. L’autore risponde ad alcune domande che sicuramente aiuteranno i lettori a individuare i temi contenuti nello scritto.

Questa tua nuova opera ha un ambiente particolare, attuale: l’Ucraina. Di là dalla trama di questo scritto che non poteva essere ambientato che lì, ai confini con la Russia, quanto conta lo scenario in un romanzo?

Direi tanto, alla fine i luoghi sono simboli che rimandano a molte cose. Le storie, benché magari somiglino ad altre passate nella mente di autori diversi, attraverso una cornice nuova assumono quel carattere tipico che accomuna le novità. Un posto inedito da usare come sfondo permette di raccontare un evento mentre il lettore si guarda in giro incuriosito.

Il suo nome è Bono Vox, è un titolo, va da sé, rock; rimanda a un personaggio con un indubbio carisma e con una capacità di essere sempre in sintonia con i fatti del mondo, è una frase di Zelensky, vero?

Già. È una frase che. nel racconto, serve allo statista per sottolineare la presenza del vocalist nella metropolitana di Kiev, durante quel concerto eseguito con semplicità di mezzi, solo la voce di Bono e la chitarra di ‘The Edge’. Fu un incontro con la gente e l’esito solenne si riverberò in tutte le curve di quella galleria di treni sotterranei, fino ad avere una risonanza globale. Lo sappiamo tutti che nelle canzoni degli U2 aleggia qualcosa di speciale. Alcune hanno un valore letterario notevole, proprio perché sposano melodia e denuncia sociale in modo peculiare. I versi contenuti in quelle composizioni hanno sicuramente una grande importanza per i fan della band ma vanno oltre, girano nei palchi delle varie nazioni che ospitano i loro concerti e diventano di chi li ascolta.

Particolarmente importante nel romanzo è anche la figura del ‘burattinaio’, quasi uno dei masters o padroni in stile Ken Follett. A questo punto sarebbe interessante capire il tuo punto di vista sugli eventuali padroni di oggi e quali strumenti usino per far valere la loro supremazia.

Be’, volendo essere ottimisti a tutti i costi, potrei cavarmela rispondendo che non ve ne sono poiché oggi comanda il popolo. In molti paesi vige la democrazia; quindi  abbiamo una stampa libera; abbiamo diritto di voto e altri strumenti. Tuttavia in alcuni casi – anche in queste situazioni favorevoli per la libertà – certi individui, seppur mediocri, riescono a ottenere il consenso delle persone tramite meccanismi astuti. Per fare questo hanno a disposizione due linee di comportamento e scelgono quella più vicina al loro carattere. Così, esistono quelli che si assicurano il potere raccontando bugie confortanti alle persone; altri, invece, impongono il loro diktat senza grandi complimenti. Comunque, qualsiasi sia la strada che percorrano, i risultati portano a creare società dove le persone diventano – senza accorgersene – schiave di un sistema spacciato per il migliore. In definitiva sono questi personaggi malefici i padroni del mondo e i loro strumenti sono le false promesse.

Questo libro che parla di invasione dell’Ucraina ti colloca senza alcun dubbio nel gruppo degli scrittori attenti all’attualità: un modo di fare letteratura che porta il lettore a osservare con occhio più critico la società globale.

Esatto. Nel libro ho scelto un punto di vista preciso, quello di un ragazzo che compie diciotto anni la sera prima dell’invasione russa. Quasi da subito è mobilitato nell’esercito ucraino. Il personaggio, Denys Bilk, ha alle spalle una situazione famigliare complicata. Insieme al fratello Sergej, ha vissuto fino all’adolescenza negli istituti per individui che nessuno va prendere per le vacanze di Natale. Lui, quando tutto sembra andare per il meglio (il fratello, prima, e poi lui stesso vengono adottati rispettivamente in una famiglia russa e in una ucraina), non solo perde il contatto con Sergej ma scopre che la sua nazione è sotto l’attacco dei russi. 

Cosa deve aspettarsi il lettore da quello che narra il personaggio Denys Bilk?

Ho voluto caratterizzare la sua figura in maniera realistica e per certi versi, antiretorica. Voglio dire che spesso si esalta l’eroismo dei combattenti tralasciando l’emozione negativa che si porta dietro  chi è costretto a sparare: fare fuoco contro i propri simili non è mai una passeggiata. L’augurio è che – per non trovarsi alla mercé di gente di potere sbagliata – chi ha gli occhi bassi li alzi per scrutare bene colui al quale sta affidando il proprio destino. 

Un consiglio prezioso sul quale riflettere; siamo alla fine, grazie per la disponibilità.

A te.