Secondo quanto fatto trapelare dai media statunitensi, il consigliere speciale Robert Mueller, che sta indagando sul Russiagate, in una riunione con gli avvocati di Trump tenutasi a marzo, li avrebbe informati che non era esclusa la possibilità che nei confronti del presidente degli Stati Uniti potesse essere emesso un mandato di comparizione (subpoena) per richiedere la sua testimonianza sotto giuramento, nel caso Trump avesse deciso di non rispondere alle domande degli investigatori. 

L'indiscrezione è stata confermata all'agenzia Reuters dall'ex consulente legale del team di Trump, l'avvocato John Dowd, dimessosi un paio di settimane fa, che avrebbe avvertito Mueller che tale tipo di decisione avrebbe finito per interferire con l'attività del presidente Usa.

Secondo quanto pubblicato dal Washington Post, Mueller aveva messo sul tavolo la possibilità di un mandato di comparizione dopo che gli avvocati di Trump gli avevano detto che il presidente non aveva l'obbligo di parlare con gli investigatori dell'FBI.

In seguito a tali schermaglie, le due parti avrebbero raggiunto un accordo con Mueller che avrebbe accettato di fornire agli avvocati del presidente informazioni più specifiche su ciò che avrebbero chiesto a Trump, consentendo così all'avvocato che guida il team legale di Trump, Jay Sekulow, di stilare una lista di 49 domande ipotetiche cui il presidente potrebbe venire sottoposto.

L'elenco di tali domande è stato riportato dal New York Times ed include domande relative ad eventuali legami di Trump con la Russia e alla possibilità che il presidente possa aver tentato di ostacolare le indagini relative a tale inchiesta.

Trump ha commentato questo ennesimo capitolo sul Russiagate con il seguente tweet, parlando di caccia alla streghe ed aggiungendo che sarebbe complicato ostacolare la giustizia in relazione ad un crimine che non è mai avvenuto.