Pochi giorni fa il ministro dell'Interno Salvini ha avuto un colloquio al Viminale con il vicepremier libico Ahmed Maiteeq. I due ministri, ben in carne e sorridenti, si sono calorosamente stretti la mano dopo aver parlato di sicurezza, lotta al terrorismo, stabilizzazione politica della Libia e immigrazione, oltre ad aver approfondito anche i temi legati alla realizzazione di infrastrutture e alla ripresa dei collegamenti aerei.
Sicuramente deve essere stato un incontro interessante. Ma quello che il Viminale non riporta è se Maiteeq e Salvini abbiano trattato, in relazione al tema migranti, anche i problemi ad esso associati, come i centri di detenzione e la schiavitù.
In Libia, infatti, i migranti provenienti dal centro dell'Africa sono vittime dei trafficanti di esseri umani, delle milizie e delle forze di sicurezza libiche. Prigionieri di un circuito senza fine che vede al centro la schiavitù. Detenuti in centri di detenzione governativi o "privati" i migranti vengono derubati, torturati, uccisi, mentre le donne prima vengono violentate e poi fatte prostituire.
Trattati al pari di oggetti, i migranti vengono costretti a chiedere soldi alle loro famiglie per essere liberati. Nel caso non riescano a farsi mandare il denaro sufficiente, allora vengono uccisi oppure vengono fatti lavorare finché gli aguzzini non decidono di aver guadagnato abbastanza da metterli su una barca... che fine facciano poi non è per loro un problema.
Una volta in mare, nel caso siano intercettati dalla Guardia Costiera libica, i migranti vengono riportati indietro nei centri di detenzione "ufficiali", ma dove le condizioni di vita finiscono per essere simili a quelle precedenti.
Questo è quanto ci ha ricordato il reportage di Adib Fateh Ali e Nello Trocchia mandato in onda questo giovedì su Piazzapulita sulle atrocità e sulle violenze legate al regime di schiavitù presente in Libia, con immagini "riprese nei centri di detenzione di Khoms, città costiera a un centinaio di km ad est di Tripoli, e Zintan, 150 km a sud di Tripoli.
A quanto viene testimoniato in quelle immagini stiamo contribuendo noi europei e noi italiani, anche se sicuramente non siamo gli unici responsabili. Dopo aver contribuito a creare le condizioni per costringere gli africani ad emigrare dai loro Paesi - con il contributo di molti altri Paesi extra Ue - abbiamo demandato ai libici il compito di trattenere quelle persone nel loro Paese. I libici si sono accollati il "problema" ben volentieri, visto che lo hanno fatto diventare una fonte di business facile ed estremamente redditizia.
Un business a cui contribuiscono l'Europa e l'Italia, pagando gli scafisti perché non si mettano in mare e fornendo navi, mezzi e formazione alla Guardia costiera libica, che riporta nell'inferno dei centri di detenzione quei pochi che riescono a fuggire.
Tutto questo grazie al ministro dell'Interno Minniti e al suo successore, Matteo Salvini che, contentissimo del suo operato, tronfio di soddisfazione, adesso può dichiarare ai suoi sostenitori che grazie a lui la pacchia è finita!