Il dato politico che ci consegna il 5 marzo, è la vittoria a metà del Partito Democratico di Matteo Renzi che, sia alla Camera che al Senato, si deve accontentare di un risultato che si attesta intorno al 19% delle preferenze. Da ricordare che lo stesso Renzi aveva definito il precedente risultato ottenuto alle politiche dal PD di Bersani, superiore al 23%, come una sconfitta.

Meglio è andato il Pd nella circoscrizione Estero, risultando il primo partito con il 26% circa dei voti ottenuti tra le due camere.

Perché quella del PD di Matteo Renzi è da considerarsi una vittoria a metà? Perché Renzi ha ottenuto quello che voleva fin dall'inizio della sua segreteria: trasformare un partito di sinistra in una sorta di riedizione della DC di antica memoria, ma senza correnti, con lui unico indiscusso segretario.

Il disegno doveva far leva sull'aumentare lo zoccolo duro del PD - basato sul voto clientelare di dipendenti di enti locali e aziende che hanno sempre vissuto e prosperato grazie alle fortune elettorali del PCI prima e di quelle che sono poi state le sue varie trasformazioni nel corso degli anni - con i voti dei transfughi di Forza Italia. Che questa idea potesse funzionare, a Renzi lo aveva fatto credere il risultato delle Europee del 2014 quando il PD, seppure con metà degli elettori che si era recato a votare, aveva ottenuto il 40% dei consensi.

Ma dopo quel voto, inesorabilmente, il Partito Democratico di Renzi ha perso tutti gli appuntamenti elettorali che sono seguiti. E dopo il risultato delle politiche 2018, è evidente che Renzi ha realizzato con successo metà del compito che si era prefisso: distruggere la sinistra in Italia. Il problema per lui è che quello che si era prefisso è finito qua...

Forza Italia, nonostante Berlusconi abbia dato ampia prova di essere un personaggio politico più che bollito, ha mantenuto quasi il 15% dei consensi con il resto dei suoi voti di una volta che è andato ad alimentare quelli di Lega, Fratelli d'Italia e, in parte, anche del Movimento 5 Stelle.

Inoltre, non solo Renzi ha distrutto il Partito Democratico e la sua eredità, ma anche l'idea stessa di sinistra, con il contributo della miopia politica di Liberi e Uguali e dei suoi traballanti leader che, a giorni alterni, erano contro Renzi e poi si alleavano con Zingaretti alle regionali del Lazio e non escludevano la possibilità di un governo col PD. Poco o nulla deriverà dall'esperienza di Potere al Popolo, il cui radicalismo ha raccolto qualche voto tra i più "arrabiati", ma probabilmente non sufficiente ad ottenere almeno un seggio.

Il risultato del PD, nella sua concretezza, è ovviamente disastroso, come testimoniavano le facce di Orfini, Guerini e Martina che si sono presentati davanti alle telecamere, gli unici a farlo, intorno alle 3 di notte per ammettere il disastroso risultato ottenuto da Renzi.

È lui il principale responsabile di quanto accaduto il 4 marzo per aver ostinatamente voluto, negli anni in cui ha governato, supportare delle riforme che erano nella realtà l'esatto contrario di ciò che lui raccontava agli italiani.

A ottobre, quando Renzi ha iniziato la campagna elettorale, il PD era intorno al 28% dei consensi in base ai sondaggi dei vari istituti. Con il passare delle settimane, più Renzi si faceva vedere e più la sua faccia ed il suo fantasiosissimo racconto del Paese veniva promosso sui media, più il PD perdeva consensi... fino ad arrivare al risultato odierno.

Una vittoria a metà per Renzi che, come detto in precedenza è riuscito solo a distruggere la sinistra. Però il fatto di non essere riuscito a catturare i consensi della destra, vuol dire che Renzi, anche come leader di una nuova forza politica a lui riferibile, ormai non sia più credibile. Oltre alla sinistra, Renzi è riuscito anche a far fuori Renzi... e questo, in fin dei conti, non è un male.

Per rendersi conto di quanto Matteo Renzi sia stato capace di fare basta scorrere i risultati all'uninominale, dove in uno dei collegi storici della sinistra come lo era Pisa, a Camera e Senato sono stati eletti i candidati della Lega!