Alcune parti del mondo stanno bruciando, altre stanno annegando, mentre le persone, ovunque, stanno lottando per far fronte a tali calamità e in molti casi per sopravvivere, in particolare le persone più povere e vulnerabili.
L'edizione 2024 dell'Emissions Gap Report dell'UNEP rivela che le nazioni devono rivedere i loro programmi NDC (Nationally Determined Contributions), che hanno una cadenza quinquennale, altrimenti l'obiettivo dell'Accordo di Parigi di mantenere il riscaldamento globale a 1,5° C entro il 2100 sarà irrealizzabile nel giro di pochi anni.
Allo stato delle cose, le attuali misure NDC mettono il mondo sulla buona strada per un aumento della temperatura globale di 2,6-2,8° C alla fine di questo secolo, con la possibilità che la temperatura possa aumentare fino a 3,1° C con conseguenze impensabili per le persone, le società e le economie.
I nuovi NDC e la loro implementazione devono tagliare globalmente il 42 percento delle emissioni di gas serra entro il 2030 per intraprendere un percorso per raggiungere il traguardo di 1,5° C. Guardando al 2035, le emissioni devono scendere del 57 percento. In termini annuali, dobbiamo tagliare il 7,5 percento delle emissioni ogni anno fino al 2035, una cifra che crescerà con ogni anno di inazione.
Si tratta di un compito gigantesco che richiede una mobilitazione globale su una scala e un ritmo mai visti prima e, almeno per il momento, rimane tecnicamente possibile. Le nazioni possono realizzare i tagli necessari investendo massicciamente nell'energia solare ed eolica, nelle foreste, nella riforma dei settori edilizio, dei trasporti e dell'industria e altro ancora, il tutto supportato da un approccio di governo complessivo, una nuova architettura finanziaria globale e una forte azione del settore privato. Il G20, in particolare i membri responsabili delle emissioni, devono fare il grosso del lavoro.
Fondamentale sarà la COP29 che si terrà a Baku dall'11 al 22 novembre, ma l'assenza di alcuni dei leader dei Paesi del G20, con la vittoria alle presidenziali USA di Trump che non crede alla crisi climatica e la recessione in atto fanno credere che ciò che verrà deciso in Azerbaigian sarà di scarsa rilevanza e di poca utilità.
L'evento iniziato oggi a Baku è stato definito "COP finanziaria", con i leader destinati a valutare come rispettare l'impegno del 2023 di abbandonare i combustibili fossili e triplicare gli investimenti nelle energie rinnovabili.
Al centro dei colloqui ci sarà quello che è noto come il nuovo obiettivo collettivo e quantificato sulla finanza climatica, che mira a stabilire un target per i trasferimenti finanziari correlati al clima verso i paesi in via di sviluppo. Tale finanziamento è visto come cruciale per aiutare le nazioni a ridurre le proprie emissioni di gas serra e ad adattarsi al cambiamento climatico.
Qualsiasi accordo sostituirebbe un obiettivo stabilito nel 2009, quando i paesi sviluppati si sono impegnati a fornire 100 miliardi di dollari all'anno entro il 2020. Non solo l'obiettivo è stato mancato di due anni, ma 100 miliardi di dollari adesso sono insufficienti per far fronte ai finanziamenti richiesti per ciò che ci sarebbe da fare, dopo il progressivo peggioramento della crisi climatica. E questo senza contare un altro problema finanziario che verrà discusso a Baku, che è il fondo per perdite e danni, lanciato alla COP28 di Dubai lo scorso anno. Il meccanismo è progettato per incanalare i finanziamenti verso i paesi che soffrono le conseguenze del cambiamento climatico, come la perdita di vite umane, i danni alle infrastrutture e la distruzione dei raccolti. I dettagli sulla gestione del fondo devono essere stabiliti a Baku prima che il denaro inizi a fluire verso le nazioni bisognose.
Nel 2025, i paesi che hanno sottoscritto l'accordo di Parigi sono tenuti a fornire piani aggiornati su come ridurre le emissioni di gas serra e come adattarsi al cambiamento climatico.
Crediti immagine: UNEP