"Amanti della libertà e del bene, noi siamo la maggioranza. Non possiamo commettere errori. Senza una guida e un comando, anche il migliore esercito diventa una banda che spara ovunque, compresi gli amici. Non date quindi munizioni al bastardo, che è momentaneamente libero ma accusato di un reato."


Così il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, ha apostrofato senza citarlo, l'ex presidente (dal 2003 al 2010) Lula, dopo che venerdì è stato liberato dal carcere di Curitiba, dove dall'aprile del 2018 stava scontando una condanna per essere stato ritenuto colpevole del reato di corruzione in seguito all'inchiesta denominata "autolavaggio", da cui risulta che avrebbe intascato dalla PetroBras (l'Eni del Brasile) 1,2 milioni di dollari, mentre da altre due aziende avrebbe ricevuto un appartamento e la ristrutturazione gratuita di una casa.

Le accuse, respinte da Lula come una manovra per eliminarlo dalla vita politica e che hanno portato alla sua condanna, gli hanno impedito di partecipare alle ultime presidenziali - vinte poi da Bolsonaro - dove era dato per favorito e sicuro vincente.

Il giudice brasiliano Danilo Pereira Jr, del tribunale penale federale di Curitiba, ha consentito che Lula venisse scarcerato, dopo l'istanza in tal senso presentata dai suoi difensori, in seguito alla decisione della Corte Suprema del Brasile che ha stabilito che un imputato debba essere privato della libertà solo dopo aver esaurito tutti i ricorsi a lui consentiti dal sistema giudiziario.

Lula, che è stato condannato in tre gradi di giudizio, può ancora fare appello alla Corte Suprema e pertanto, non avendo ancora completato il percorso giudiziario relativo al reato di cui è accusato, la richiesta di scarcerazione è stata accolta.

Non appena fuori dal carcere, Lula si è rivolto ai numerosi sostenitori che lo attendevano ed ha promesso loro di essere certo di poter provare la sua innocenza, accusando polizia, pubblici ministeri i giudici di "lavorare per criminalizzare la sinistra".