Non hanno il senso della vergogna e neppure del ridicolo i due Mattei, i nuovi fratelli De Rege della politica italiana, Orfini e Renzi, il primo presidente, l'altro segretario del Partito Democratico.

Dopo le pedate nei denti prese in questi giorni in relazione al caso Banca Etruria dopo l'audizione in Commissione banche di Padoan, Visco e Ghizzoni, i due comici hanno preso mouse e tastiera ed hanno scritto la seguente "letterina" al direttore di Repubblica.
Questo il testo.


Caro Direttore,
più volte in questi giorni Repubblica ha parlato della Commissione di inchiesta sulle banche come di un autogol del Pd. Rispettiamo il giudizio ma vogliamo rivendicare con forza, invece, la nostra scelta. Le perdite lorde cumulate delle banche italiane che hanno registrato criticità nel periodo 2011-2016 ammontano a circa 44 miliardi di euro. A tale cifra vanno aggiunti i miliardi persi da decine di migliaia di piccoli azionisti e detentori di obbligazioni subordinate, in primo luogo delle due popolari venete non quotate, le cui azioni erano state fissate arbitrariamente a prezzi non di mercato, del tutto irrealistici, che poi sono stati brutalmente azzerati. Una immensa platea di piccoli risparmiatori è stata letteralmente massacrata. Davanti a un disastro di queste proporzioni può una politica seria non affrontare la questione?


Il populista dà la colpa al sistema e urla contro le banche.
Ma chi crede nella politica che propone? Il riformista che vuole cambiare davvero le cose che fa?
Intanto fa chiarezza. Perché chiarire le responsabilità è l’unica soluzione per evitare che migliaia di altri risparmiatori debbano perdere in futuro i propri risparmi.


Mettere la polvere sotto il tappeto in questi casi non solo non basta ma è dannoso.
Hanno sbagliato i manager che hanno fatto fallire le banche, certo.
Hanno sbagliato gli amministratori incapaci o addirittura complici di disegni criminosi.
Hanno sbagliato i politici che non hanno avuto il coraggio di fare in Italia ciò che si è fatto in Germania o Spagna, quando ancora le regole permettevano l’intervento pubblico.

Ma è mancato anche – in molte circostanze – un sistema di vigilanza e controllo degno di questo nome. Da parte delle strutture istituzionali.

Qualcosa non ha funzionato nelle strutture preposte: dirlo non ci serve per una sterile rivendicazione sul passato quanto per costruire un futuro più solido. E anche nella vigilanza della società civile che mai ha messo al centro del dibattito la questione bancaria senza demagogia. A cominciare dalle realtà editoriali che hanno sempre faticato non poco a spezzare il doppio filo di collegamento con il mondo del credito. Su questi temi il PD non ha paura di niente e di nessuno.


Rivendichiamo ciò che abbiamo fatto in questi anni a cominciare dalla riforma delle popolari e delle banche di credito cooperativo.
Chissà cosa sarebbe accaduto al sistema italiano se nel gennaio 2015 non avessimo fatto quel decreto legge per le popolari.
Rivendichiamo tutti i salvataggi dei correntisti e dei posti di lavoro, quelli riusciti e quelli soltanto tentati: l’ipocrisia di chi finge di considerare improprio un intervento a tutela dell’economia del territorio è pari solo alla miopia di chi non vede che i veri scandali si sono potuti compiere perché non vi era la giusta attenzione da parte dei media e della politica. Rivendichiamo l’operazione Atlante che ha impedito tra gli altri la distruzione di un pezzo fondamentale del sistema bancario, segnatamente Unicredit, come sanno tutti gli addetti ai lavori e non solo loro.
La Commissione parlamentare di inchiesta ha acceso un faro autorevole su tutto ciò e la sua attività è stata utile. Lo vedremo nella relazione finale. Le polemiche dureranno ancora qualche giorno, i risultati di questa commissione saranno utili per qualche anno.

Certo, i media hanno spesso dato più spazio alle vicende della Banca Etruria, le cui perdite rappresentano poco più dell’1,5% delle perdite cumulate delle banche italiane in crisi degli ultimi anni, che non a ciò che ha determinato il restante 98,5% di perdite! Senza contare l’azzeramento delle azioni delle due popolari venete non quotate.

E anche su Etruria l’attenzione morbosa è stata sulle agende, sugli incontri, sul gossip, senza toccare il vero punto: che non c`è stata alcuna pressione ma una doverosa attività di informazione e attenzione. Quando c’è stato da commissariare, noi abbiamo commissariato senza riguardo ai nomi e ai cognomi. Nessuno ha avuto favoritismi, tutt’altro. Ma proprio per questo siamo seri: davvero può essere credibile l`attenzione spasmodica alle vicende di una piccola banca che comunque il Governo ha trattato esattamente come le altre nelle stesse situazioni? Non suona stupefacente il fatto che si insista in modo ossessivo su una singola vicenda – peraltro del tutto legittima – e si rifiuti di guardare il problema nella sua gravità e complessità?

Adesso che i lavori della Commissione volgono al termine vogliamo dire con forza che un partito politico di sinistra ha il dovere di indicare cosa non funziona nel mondo del credito e provare a cambiare lo status quo senza alcun riguardo ai poteri forti e ai pensieri deboli che questo Paese esprime. Vogliamo dire che la politica ha il diritto e il dovere di fare la propria parte senza delegare interi settori alla tecnocrazia e agli interessi tradizionali.

Chi come noi non ha scheletri negli armadi, chi non ha niente da nascondere dice con forza e a viso aperto che mentre la Commissione va verso la chiusura dei lavori si apre la vera questione: riuscire finalmente a togliere l’argomento banche dalle mani dei populisti e provare a cambiare sul serio. E anche se i media, in queste ore, si sono occupati di altro, noi continueremo con forza a rivendicare il diritto e il dovere della politica riformista di non cedere alla demagogia e al qualunquismo.


Perché i due Mattei dovrebbero essere considerati comici in base a quanto hanno scritto? Perché non esiste spiegazione razionale alle omissioni e alle fantasiose interpretazioni della lettera da loro scritta diversa dal credere che i due vogliano far ridere gli italiani. Se dovessimo invece cercare altre motivazioni, allora significa che i due sono poco intelligenti oppure credono che ad essere poco intelligenti siano gli italiani o gran parte di loro.

Orfini e Renzi parlano di fallimenti e di buchi, ma non rammentano che i principali disastri bancari che hanno coinvolto gli azionisti si sono avuti durante gli ultimi due governi, a guida Renzi e a guida Gentiloni.

I due si dimenticano di dire che le 4 banche locali fallite sono state fatte fallire dal Governo Renzi, che neppure aveva pensato alle conseguenze di ciò su azionisti e piccoli risparmiatori, salvo ricorrere poi ad un rimedio dopo essersi accorto del numero di persone truffate.

I due si dimenticano di dire che dopo quella esperienza con le venete si è ricorsi a tutt'altra strada. Renzi si è dimenticato di dire che Mps è diventata una banca statale, di cui lo Stato si sta facendo carico, dopo le sue infinite dichiarazioni che annunciavano imminenti acquirenti per quell'istituto.

I due si sono dimenticati di dire del conflitto d'interessi dell'allora ministra Boschi e del fatto che nessun altro ministro del Governo, oltre a lei, si interessò presso Bankitalia, Consob e altri soggetti, per favorire l'acquisto di una delle banche locali in crisi.

E che dire poi del coinvolgimento nella vicenda Etruria dello stesso Renzi (testimonianza Visco alla Commissione banche) e del suo amico "tuttofare" Marco Carrai, di cui si è appreso nella testimonianza di Ghizzoni. Ma perché Renzi e Carrai non si sono dati da fare anche per le altre banche? E che c'entrano loro, che abitano a Firenze e provincia, con Arezzo e la provincia di Arezzo?

Per ultimo, i neo fratelli De Rege ci vogliono far credere che, nonostante abbiano guidato il Paese dal 2014 ad oggi non sapessero nulla, ma proprio nulla, della situazione del credito italiano e che Visco, Vegas - e chi altri ancora - abbiano agito senza concordare con il Governo, pur senza entrare nelle vicende di singole aziende, una linea di azione che non finisse per danneggiare ulteriormente il sistema Paese.

I due Mattei, dopo essere stati tra i protagonisti di quello che loro stessi definiscono massacro, adesso pretendono di non esserne inclusi tra i responsabili... perché nella campagna elettorale ciò non farebbe certo comodo. È per questo che Renzi ha spinto per la Commissione banche, credendo di poter addossare la responsabilità su altri della crisi del credito italiano e di cavarsela come se lui, in questi anni, si fosse occupato di altro e non di governare l'Italia.

E per fortuna che ad essere bugiardi e populisti sono gli altri... i suoi nemici politici!