A Houston, in Texas, lo scorso 26 ottobre si è celebrato il secondo Summit internazionale del programma Cities Changing Diabetes. 

L'iniziativa nata nel 2014 è stata ideata, promossa e sostenuta dallo Steno Diabetes Center di Copenhagen, dal Medicine and Social Network dell'University College London e dalla Novo Nordisk - coinvolgendo università, amministrazioni pubbliche, ricerca e società di otto metropoli nel mondo: Città del Messico, Copenhagen, Houston, Johannesburg, Shangai, Tianjin, Vancouver, Roma - con la convinzione che la crescita del diabete non sia inevitabile né inarrestabile. 

«Il diabete cresce a ritmo allarmante - ha dichiarato Francesco Dotta, Professore di endocrinologia all’Università di Siena e Coordinatore del Comitato Roma Cities Changing Diabetes Publication Planning. - Secondo i dati dell’International Diabetes Federation, la percentuale di popolazione colpita dalla malattia bnel mondo è quasi raddoppiata dall’inizio degli anni 2000, passando dal 4,6 per cento al 9 per cento del 2017, il che corrisponde a oltre 430 milioni di persone con diabete. L’Organizzazione mondiale della sanità mette in chiaro che il costo umano ed economico dell’avanzata della malattia e delle sue complicanze per gli individui, le loro famiglie e la comunità sono insostenibili.» 


Gli esperti del programma Cities Changing Diabetes hanno individuato nell’obesità la causa più facilmente affrontabile e hanno messo a punto un modello matematico, basato sui dati esistenti nei database internazionali e in letteratura – il Diabetes Projection Model – che permette di analizzare l’andamento della prevalenza del diabete nel tempo, dimostrando come riducendo l’obesità sia possibile diminuire anche il "peso" del diabete stesso sulla società, sia in termini di costi sociali che economici.

Il modello considera due possibili scenari: il primo stima ciò che succederebbe se la crescita dell’obesità continuasse con il trend attuale; il secondo con un intervento che riducesse l’obesità del 25 per cento entro il 2045. 

A livello mondiale, nel 2045, senza alcun intervento si avrebbe una prevalenza del diabete all’11,7 per cento, con un’impennata rispetto ad oggi di oltre il 25 per cento, che porterebbe a 736 milioni il totale di persone con diabete nel mondo e a quasi un miliardo e mezzo quelle obese. 

Invece, agendo sulla leva obesità, si produrrebbe la stabilizzazione al 10 per cento della popolazione con diabete, che limiterebbe la sua crescita a 625 milioni considerando l’incremento demografico mondiale. Inoltre, se cominciassimo oggi ad agire contro l’obesità infantile si potrebbe contestualmente ottenere l’inversione del trend, con una seppur lenta, ma continua diminuzione della prevalenza del diabete da qui alla fine del secolo XXI. 

«Per raggiungere tali traguardi che avrebbero impatti positivi oltre che sul benessere delle persone anche sugli stessi sistemi sanitari (dal punto di vista economico), è indispensabile una vera e propria alleanza tra tutti gli interlocutori che possono e devono avere un ruolo: amministratori locali, organizzazioni civiche, soggetti del mondo delle istituzioni e della scienza oltre ad un coinvolgimento attivo dei cittadini», come ha commentato Antonio Gaudioso, Segretario generale di Cittadinanzattiva.