L’interrogativo in questa partenza dell’anno 2024, a fronte dei numerosi fatti di cronaca ed eventi che evidenziano ogni giorno la costante ascesa di comportamenti discriminatori, violenze, atteggiamenti ed ideologie che richiamano retaggi storici privi di valori e principi che la nostra Costituzione riconosce e protegge, specie per gli individui più fragili, è il seguente: possiamo sentirci concretamente sicuri nella società odierna, di manifestare il proprio pensiero e, soprattutto, che i diritti fondamentali ed essenziali per qualsiasi forma di convivenza civile siano garantiti?

Viviamo in una società sana o malata di aggressioni, conflitti, distinzioni che compromettono di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impedendo lo sviluppo della persona umana e quella effettiva partecipazione da intendersi come una formula sacramentale nell’articolo 3 della Costituzione, in collegamento a quell’inviolabilità e solidarietà di cui all’articolo 2, quale nucleo del valore unitario di ciascun individuo? In sintesi, senza esprimersi con concetti tecnici e/o giuridici, la nostra società è in crisi?

La risposta è ovviamente ardua, densa di riferimenti e/o riflessioni pluridisciplinari, di concetti, valutazioni oggettive e soggettive, sentimenti, emozioni, paure e chissà quanti e quali elementi relativi al nostro vivere sociale, eppure l’esperienza ci insegna la migliore interpretazione: la crisi c’è da tempo e la viviamo anche indirettamente tutti i giorni.

Se diamo uno sguardo alla cronaca odierna troviamo come esempio:

- eclatanti casi giudiziari, con atti di violenza e discriminazione nei confronti delle donne e degli individui più fragili, riprovevoli, da condannare ed, ancora prima, da prevenire efficacemente;

- scandali che sconfinano nella reazione normativa di leggi destinate e/o funzionali a contenere fenomeni nuovi, che nascono proprio nell’era digitale e di internet, leggi su “influencer” o per regolamentare “l’influencer marketing”, che riflette non solo l’evoluzione del mercato dei media ma anche il comportamento di quei soggetti che hanno, sostanzialmente, un forte impatto mediante i social, ed il loro ruolo nel mondo digitale è esponenziale, rendendo essenziale una regolamentazione ad hoc;

- sullo sfondo la guerra, la crisi delle relazioni internazionali, i fallimenti della diplomazia, l’offesa al valore universale della pace mediante l’uso delle armi, dove le vittime sono innocenti, ancora persone fragili e la guerra rimane, tuttavia, la fragilità innata dell’uomo, schermata da questioni economiche e di potere, la formalizzazione di una stupidità ontologica.

E’ sufficiente quanto sopra per convincersi che è già iniziato un periodo storico di “spersonalizzazione delle libertà e dei diritti della persona”, dove è necessario prendere atto di un processo patologico proprio intorno a quei valori di libertà, uguaglianza e dignità sociale inviolabile, di garanzie che sono state ottenute con fatiche e sacrifici nella storia, a fronte di discriminazioni che minano l’essenza unitaria dell’individuo come singolo e nella collettività, nonché nella dialettica tendenzialmente asimmetrica con i poteri pubblici.

Una crisi, altresì, “relazionale” con cui si evidenzia la difficoltà di interagire con gli altri in modo equo, libero da pregiudizi ed istinti punitivi, nella logica di un sistema di comunicazioni sociali avulse dall’incessante tendenza di eccedere, di isolare, e ritorna lo spettro dell’emarginazione.

Di estrema attualità l’avvento dell'intelligenza artificiale (IA), ovvero una tecnologia che permette ai computer di eseguire compiti che richiederebbero l'intelligenza umana, come il riconoscimento delle parole o il prendere decisioni.

Ecco che l’attributo dell’IA segna un passaggio epocale con notevoli impatti applicativi ed in svariati ambiti dell’essere dell’uomo, digitalizzato, contaminato dal virtuale e ciò consegue ancora ad una logica economica e di progresso che potrà realizzare dei benefici, ma anche generare nuovi dubbi e/o potenziali pericoli.

La regolamentazione dell'intelligenza artificiale è un argomento di grande importanza a livello nazionale e internazionale, che comporta la necessaria indagine sul bilanciamento di interessi contrapposti ed un ruolo non secondario dell’etica e dell’universo giuridico.

Già l’ascesa di internet e dei social ha cambiato molte abitudini nelle relazioni umane, spesso compromettendo relazioni concrete e/o la diffusione di comportamenti e nuove tecniche di discriminazione degli individui.

Un fenomeno nuovo ed inedito è entrato ormai nelle case, nel patrimonio delle relazioni umane affette da un bisogno instancabile di rinnovarsi, di sperimentare, di mutare attraverso quella transizione digitale che suscita tante “emozioni”.

Supponendo che delle risposte valide in assoluto per i quesiti suddetti sono un miraggio, la partecipazione alla società virtuale si eleva quale diritto fondamentale della persona, o meglio della personalità come proiezione dell’individuo nel mondo esterno e che riceve protezione anche nell’ambito dei diritti e delle libertà fondamentali.

Uno sguardo critico verso la società odierna dovrebbe considerare tanto gli aspetti positivi (come una comunicazione più snella ed efficiente, che non teme le distanze geografiche e la dimensione spaziale e temporale), quanto quelli negativi spesso non immediati ma destinati a mutare abitudini e costumi.

Sulla base di questo scenario di modernità a tutti i costi si riporta in questo articolo un fatto accaduto realmente nel mese di gennaio 2024, mentre lo scrivente si trovava a Roma nei pressi di una delle strade principali e più belle del centro.

Un frammento di questa Italia così attenta a valutare e giudicare gli individui ma che vive forse uno dei periodi storici in cui ritornano differenze sociali e culturali evidenti, fra chi fatica e si accontenta di restare a galla e chi, invece, dell’apparenza e del lusso quasi ne manifesta un fine primario.

Vicino al centro nevralgico dei poteri decisionali e non del Pese una donna minuta di circa 70 anni, munita di megafono ed una forza di volontà unica, manifestava il proprio disagio e le condizioni di vita precarie. La medesima esternava delle proteste per un sistema sociale ed economico che non riconosceva gli anni di lavoro svolti ed i sacrifici di una vita, dormendo in mezzo alla strada da svariati giorni all’interno di una piccola tenda. 

Non è tanto la questione politica promossa dalla medesima ma la dimensione sociale e cioè il paradosso perché la Signora in questione, con coraggio, esprimeva dei pensieri richiedendo aiuto anche cercando un legale per sostenere le proprie ragioni per contributi mancati e/o questioni assistenziali.

Nel mentre, i passanti per un attimo incuriositi proseguivano la loro ricerca tra negozi vari, nell’indifferenza di un episodio che di fatto non sorprendeva. 

Chissà quanti protestavano in Italia per le stesse ragioni.

Mi sono soffermato ad ascoltare la donna, magra e stanca, e come abilitato alla professione forense (grazie ad un amore per il diritto e la giustizia che mi ha guidato e mi guida ancora oggi, con onestà ed umiltà) mi chiedevo che cosa avrei potuto fare in quel momento.

Dato il luogo sicuramente c’è chi avrebbe degli strumenti e dei poteri legittimi di indubbia rilevanza ed efficacia; non è una polemica ma una constatazione. Del resto, nonostante i miei 20 anni di studio nel mondo giuridico, anche il sottoscritto si trovava a Roma per capire come agire in conseguenza di una sproporzionata e non equa valutazione conseguita nell’ambito di un prestigioso concorso pubblico.

L’Italia è divenuta purtroppo, come altri Paesi europei, un teatro di contraddizioni e dove la stessa certezza del diritto è un principio difficile da realizzare nella pratica, dove l’impatto imponente della globalizzazione destruttura il singolo nella sua proiezione esistenziale e dove il “successo” assume la fisionomia di una maschera che solo i più bravi sanno indossare.

In un libro che ho scritto recentemente, sul valore della persona umana, si coglie l’essenza della volontà di esaltare il valore unitario di ogni individuo, senza alcuna discriminazione, come nucleo fondamentale del vivere civile anche nel mondo digitale.

Nell’Italia di oggi, con le sue risorse e bellezze eterne, occorre prendere atto che la libertà e l’uguaglianza sono beni di tutti, senza la necessità di sovrastrutture economiche ed artificiali; che occorre ritornare ad una dialettica tra le persone e con i poteri pubblici ispirati ad una cooperazione concreta ed equa senza discriminazioni forzate e dettate da interessi e da mere occasioni di guadagno.

In conclusioni l’Italia siamo noi, anche quella Signora che protestava, quel passante che mi ha salutato in maniera cortese davanti al monumento dell’Altare della Patria, i giovani che presso Trastevere avevano aperto motivati un locale ma i passaggi burocratici stavano bloccando l’iniziativa economica intrapresa, quell’aspirante magistrato che tornando dal concorso presso la Fiera di Roma era caduto in un errore burocratico ma forse rimediabile, almeno per alimentare quella speranza e quel “sogno nel cassetto”.