Così la capogruppo al Senato del Movimento 5 Stelle, Mariolina Castellone, ha riassunto la crisi di Governo in atto in una intervista al quotidiano La Stampa, da lei riprodotta sul proprio account social.

«Abbiamo chiesto al presidente Draghi  - dichiara la Castellone - risposte su temi che sono urgenze del Paese — sottolinea Mariolina Cartellone, capogruppo dei senatori —, ci sono state alcune aperture ma al Paese servono misure concrete».
Difficile intavolare una trattativa con gli ultimatum, fanno notare alcuni vostri parlamentari.
«Abbiamo chiesto di discutere di ciò che serve a famiglie e imprese, non mi sembra si possa definire un ultimatum. Giuseppe è stato coerente, anche nella ricostruzione di quanto successo in questi giorni. Non abbiamo mai sfiduciato il governo. Draghi si è dimesso a dispetto delle nostre dichiarazioni di voto e dell'ampia maggioranza che ha ottenuto».
In questa maggioranza, però, c'è il centrodestra che ha posto un veto sulla vostra futura partecipazione al governo.
«Mostrano tutto l'astio e il livore che finora avevano cercato di tenere nascosti. E Renzi getta benzina sul fuoco proponendo un referendum per abolire il reddito di cittadinanza».
Questa vostra fiducia condizionata non mette a rischio il Pnrr, la legge di bilancio e le riforme in cantiere?
«Per il Pnrr non vedo rischi, un governo dimissionario può ancora gestire emergenze, come fu dopo la caduta del Conte II per la pandemia. Esiste un problema con la legge di bilancio, ma siamo convinti che le nostre richieste possano aiutare famiglie e imprese, è quello che ci interessa».
Tanti vostri parlamentari minacciano di dire addio.
«Stiamo facendo un percorso partecipato. Se uno non si riconosce più in un progetto è bene che faccia scelte diverse. Più che il numero, serve la compattezza. Abbiamo messo in conto che qualcuno possa abbandonare».
Se lo mettete in conto è perché siete sicuri di lasciare?
«Non dipende da noi ma da Draghi, che deve decidere se revocare le dimissioni o confermarle. Ci sarebbero addii in ogni caso, probabilmente. Il problema è Luigi Di Maio, che invece di fare il ministro si impegna a ingrossare le file del suo partito. Sono frequenti i suoi contatti e tentativi di avvicinamento ai nostri parlamentari».
Potrebbe rientrare Alessandro Di Battista nel partito. È una cosa buona?
«Questa ipotesi genera entusiasmo in chi si rivede nel M5S di qualche anno fa, ma io auspico che si segua il nuovo corso rappresentato da Conte, aperto alla società civile, ai giovani, alle imprese. Diverso da quello di un tempo».

Il Pd sarebbe ancora meno felice. Ma l'alleanza resiste?
«Vedremo. Le formule del campo largo ci interessano poco. Ci sentiamo parte del campo progressista, ma i compagni di viaggio sono importanti per essere credibili e andare lontano».