Muna, 25 anni, di Rafah, è al valico di frontiera con l'Egitto con altri sei membri della sua famiglia nella speranza di poter partire. Ecco cosa ci ha detto:

"Ho la cittadinanza danese. Abbiamo lasciato Gaza 10 anni fa ma torniamo ogni tanto per una visita per vedere la mia famiglia e i miei cari. Questa volta avevamo programmato di restare a Gaza ma poi è iniziata la guerra. La vita qui è insopportabile. Non c'è acqua, né elettricità, e i bombardamenti continuano giorno e notte. Ho visto persone morte intrappolate sotto le macerie delle loro case, dopo che un raid aereo israeliano aveva preso di mira la casa del nostro vicino. Non ci sentiamo sicuri. Voglio lasciarmi questa paura alle spalle. Perché restare in un posto dove non ti senti sicuro? Non abbiamo notizie dall'ambasciata danese, non c'è internet. Sto cercando di mettermi in contatto con loro".

Questa è la testimonianza di una ragazza palestinese, con doppia cittadinanza, raccolta da Al Jazeera al valico di Rafah che questo mercoledì è stato aperto dopo un accordo tra le parti in conflitto e l'Egitto, con la mediazione del Qatar e degli Stati Uniti. Dalla Striscia di Gaza, pertanto, potranno uscire tutti i cittadini in possesso di un passaporto straniero (compresi quelli con doppia cittadinanza), mentre alcuni feriti a causa del conflitto sono stati fatti transitare dal valico verso ospedali egiziani. Non è chiaro se il valico resterà aperto, in base alle attuali condizioni, ininterrottamente o meno. Di fatto i palestinesi della Striscia non possono sfuggire al genocidio messo in atto dallo Stato ebraico.

Un genocidio che Israele, ormai, non si premura neppure più di nascondere, tanto che anche quest'oggi ha nuovamente bombardato il campo profughi di Jabalia, assassinando ulteriormente decine di civili oltre a quelli assassinati ieri.

Gli ultimi dati ufficiali del bilancio della strage in corso a Gaza indicano in 8.796 il numero delle vittime, inclusi 3.648 bambini e 2.290 donne. Almeno 22.219 sono le persone rimaste ferite, mentre è salito a 2.030 il numero delle denunce per le persone scomparse, sepolte sotto le macerie, di cui 1.020 è costituito da bambini. Tra le vittime anche 130 tra paramedici e personale medico. Infine, in Cisgiordania, sono stati uccisi 128 palestinesi e almeno 1.980 sono i feriti.

Il numero dei soldati israeliani uccisi a seguito dell'offensiva di terra a Gaza nelle ultime 24 ore è salito a 13, secondo fonti ufficiali israeliane.

A causa dei bombardamenti e del blocco ai rifornimenti imposto da Israele, 16 ospedali su 35 di quelli presenti nella Striscia sono ormai fuori servizio e 51 ambulatori su 72 hanno chiuso.

Questo mercoledì, il direttore dell'ospedale al-Shifa ha fatto sapere che tra poche ore il generatori che forniscono corrente non saranno più i grado di funzionare con i 42 bambini nati prematuri che, nelle incubatrici, sono mantenuti in vita grazie all'ossigeno che però verrà a mancare. Si fermeranno anche le apparecchiature per la dialisi, con altri pazienti destinati a morte certa.

Il direttore dell'ufficio di New York dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani si è dimesso in segno di protesta per gli attacchi indiscriminati di Israele a Gaza, affermando che costituiscono un "caso da manuale di genocidio".

"I governi degli Stati Uniti, del Regno Unito e di gran parte dell’Europa sono totalmente complici di quanto sta accadendo", ha scritto Craig Mokhiber nella sua lettera di dimissioni. "Non solo questi governi si stanno rifiutando di rispettare gli obblighi derivanti dai trattati per garantire il rispetto delle convenzioni di Ginevra, ma stanno di fatto armando attivamente l'assalitore… e fornendo copertura politica e diplomatica alle atrocità di Israele.È diventato dolorosamente chiaro che avevamo fallito nel nostro dovere di soddisfare gli imperativi della prevenzione delle atrocità di massa… stiamo fallendo ancora".

Pure il ministro degli Esteri della Commissione Ue, Josep Borrell, dopo tre settimane e oltre 11mila morti, si è improvvisamente accorto di quanto sta accadendo a Gaza. Questo è quanto ha scritto sul proprio account social:

"Ogni giorno che passa, la situazione diventa sempre più grave e pertanto più urgente [un soluzione]. La sicurezza e la protezione dei civili non è solo un obbligo morale, ma anche legale. Le leggi sulla guerra e sui dritti umani devono essere sempre applicate, anche quando si tratta di assistenza umanitaria. Con la tragedia in corso a Gaza, l'Unione Europea ha chiesto dalla scorsa settimana corridoi umanitari e pause per i bisogni umanitari. Basandomi sulla chiara posizione del Consiglio dell'UE secondo cui Israele ha il diritto di difendersi in linea con il diritto umanitario internazionale e garantendo la protezione di tutti i civili, sono sconvolto dall'elevato numero di vittime a seguito del bombardamento da parte di Israele del campo profughi di Jabalia".

Inutile sottolineare il ritardo e l'ipocrisia di tale dichiarazione, ma è almeno un passo avanti in relazione alla criminale complicità con Israele dei leader di Stati Uniti e di molti dei Paesi europei.

Intanto, come riporta l'OCHA, i coloni israeliani, con tanto di payot e kippah come d'ordinanza, stanno espellendo i palestinesi nella Cisgiordania occupata. Dal 7 ottobre, sono almeno 98 le famiglie palestinesi comprendenti 828 persone, tra cui 313 bambini, in 15 comunità di pastori in tutta la Cisgiordania  espulse a causa della violenza dei coloni che, da una media già elevata di tre incidenti al giorno nel 2023, dopo l'attacco di Hamas è praticamente raddoppiata.



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