Nel rapporto pubblicato martedì, l'Istat ci fa sapere che nel 2017 le famiglie in povertà assoluta sono 1 milione e 778mila per un totale di 5 milioni e 58mila persone. Un dato in crescita rispetto rispetto al 2016.

L’incidenza di povertà assoluta è pari al 6,9% per le famiglie (da 6,3% nel 2016) e all’8,4% per gli individui (da 7,9%). Due decimi di punto della crescita rispetto al 2016 sia per le famiglie sia per gli individui si devono all’inflazione registrata nel 2017. Entrambi i valori sono i più alti della serie storica, che prende avvio dal 2005.

Come ci ricorda l'Istat, l’incidenza della povertà assoluta è calcolata sulla base di una soglia corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire un paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una famiglia con determinate caratteristiche, è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile. Ad esempio, per un adulto (di 18-59 anni) che vive solo, la soglia di povertà è pari a 826,73 euro mensili se risiede in un’area metropolitana del Nord, a 742,18 euro se vive in un piccolo comune settentrionale, a 560,82 euro se risiede in un piccolo comune del Mezzogiorno.

L’incidenza della povertà assoluta aumenta nel Mezzogiorno, sia per le famiglie (da 8,5% del 2016 al 10,3%) sia per gli individui (da 9,8% a 11,4%), soprattutto per il peggioramento registrato nei comuni Centro di area metropolitana (da 5,8% a 10,1%) e nei comuni più piccoli fino a 50mila abitanti (da 7,8% del 2016 a 9,8%). La povertà aumenta anche nei centri e nelle periferie delle aree metropolitane del Nord.


Ma al dato indicato in precedenza, è da aggiungere anche quello della povertà relativa, anch'essa in crescita rispetto al 2016. Nel 2017 riguarda 3 milioni 171mila famiglie residenti (12,3%, contro 10,6% nel 2016), pari a 9 milioni 368mila individui (15,6% contro 14,0% dell’anno precedente).

La povertà relativa viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale, che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi. La soglia di povertà per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media mensile pro-capite nel Paese, e nel 2017 è risultata di 1.085,22 euro (+2,2% rispetto al valore della soglia nel 2016, quando era pari a 1.061,35 euro).

Come la povertà assoluta, la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie con 4 componenti (19,8%) o 5 componenti e più (30,2%), soprattutto tra quelle giovani, raggiungendo il 16,3% se la persona di riferimento è un under35, mentre scende al 10,0% nel caso di un ultra sessantaquattrenne.

L’incidenza di povertà relativa si mantiene elevata per le famiglie di operai e assimilati (19,5%) e per quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (37,0%), queste ultime in peggioramento rispetto al 31,0% del 2016.

In difficoltà anche le famiglie di soli stranieri, dove la povertà relativa raggiunge un'incidenza del 34,5%, con forti differenziazioni sul territorio (29,3% al Centro, 59,6% nel Mezzogiorno).


Quindi, in base a questi dati, è ovvio capire da dove provenga il consenso elettorale di 5 Stelle e Lega ed il perché il Partito Democratico sia diventato minoranza anche dove in passato otteneva percentuali di consenso definiti bulgari.

C'è bisogno di ulteriori analisi per capire quanto le fantasmagoriche riforme renziane siano state un completo fallimento?