TACCUINO #78

"È più difficile dire quel che si pensa. È più facile pensare quel che si dice. Ma di gran lunga destinato a pochi, è abissale esprimersi per propria natura esercitandosi per quel non pensato, il visceral sentire. Cosa è dunque questo riflettere sul pensar di quel che si dice?"

Si badi, è richiesta attenzione. La seguente lettura potrebbe dar la stura a turbamenti in cuori non forti. Si rende necessario abbandonare sentimentalismi, apparenze dogmatiche, moralità, domesticazione popolare. Per i cuori deboli, sarà possibile rinuncia. Temporanea o permanente? Ditevelo voi.
 

1. Introduzione: Critica alla Dicotomia Mente-Materia
 
La filosofia occidentale ha per lungo tempo perpetuato un'impostazione dualistica tra pensiero e materia, un errore categoriale che affonda le proprie radici nel platonismo e si è successivamente consolidato attraverso il cogito cartesiano. Questa dicotomia è il più longevo esperimento di illusionismo concettuale, tenuto in vita con la stessa ostinazione con cui si rattoppano cadaveri epistemologici: ha generato un'illusione per cui il pensiero sarebbe un'entità autonoma, indipendente dalla realtà biologica dell’essere. Tuttavia, il pensiero, se esiste, deve necessariamente essere un fenomeno corporeo e, in quanto tale, risultare soggetto a una configurazione materiale determinata.
 

  • "La dicotomia mente-materia non è solo un residuo di un errore storico, ma un cancro epistemico che ancora si infiltra nelle neuroscienze contemporanee, nella filosofia della mente e nelle scienze cognitive computazionali. Parlare di ‘mente e cervello’, parlare di entità distinte, è frutto dell'ultima illusione di un pensiero che non ha ancora compreso che il pensare stesso è carne, reazione chimica, pulsione elettrobiologica. È un fenomeno della materia, non un’astrazione".


 Questo saggio si propone di smantellare la concezione idealista del pensiero come elemento astratto, dimostrando come ogni attività cognitiva sia intrinsecamente radicata nella struttura neurofisiologica che la produce. Lungi dall’essere un’essenza fluttuante nel vuoto, il pensiero si manifesta come un processo biochimico inscritto nella carne, nel sangue, nelle reti neurali e nei circuiti sinaptici. La presunta autonomia del pensiero è dunque un artefatto concettuale che deve essere decostruito per permettere una comprensione più rigorosa della natura dell’attività cognitiva.
 
"Noi siamo quello che osserviamo. E osserviamo ciò che ci sfugge".
 

2. Ontologia del Pensiero: Da Parmenide alla Neuroscienza
 
Il tal Parmenide affermava che "il pensiero è vincolato all'essere", implicando che il pensare presuppone sempre una sostanza concreta. Il tal Aristotele par trasformi questa intuizione in un principio metafisico (tuttavia, il progetto Chiesa, essendo un impianto carcinoforme in metastasi, ci porta sempre a dubitare di interventi storici che potrebbero servire - e aver servito - a minare la conoscenza storica e la realtà), ma è necessario reinterpretarla in chiave neurobiologica: il pensiero non è un'attività indipendente dall’organismo, bensì una funzione della sua materialità. Questo significa che non vi è pensiero senza corpo, né conoscenza senza le strutture neurali che la supportano. Ogni processo cognitivo è radicato in una precisa configurazione biologica, e la dicotomia platonico-cartesiana risulta essere un costrutto privo di fondamento ontologico.
 

  • "Parmenide coglie un’intuizione essenziale quando lega il pensiero all’essere, e Aristotele ne fa un principio metafisico. Ma ciò che entrambi trascurano è l’urgenza di ancorare questa connessione alla realtà biologica: il pensare non è una proprietà dell’essere in astratto, ma un’espressione dell’organismo, una funzione emergente dai vincoli della carne".


 
3. Il Pensiero come Fenomeno della Carne: Neuroscienza e Sentire Viscerale
 
Se il pensiero è un fenomeno corporeo, allora non può essere disgiunto dalla struttura che lo genera. Ne derivano alcune implicazioni fondamentali:

- Il pensiero è un'attività elettrochimica, un fenomeno che si sviluppa esclusivamente nelle reti neurali.
- Il sentire viscerale precede la razionalizzazione, in quanto le informazioni vengono elaborate inizialmente dai neuroni cardiaci, dalla rete enterica e dal sistema nervoso autonomo.
- Il lógos è un prodotto biologico, non un'entità trascendentale.
- Ogni processo cognitivo è iscritto nella materia, rendendo la distinzione mente-corpo una sovrastruttura concettuale senza base ontologica.
 
Il sentire viscerale non è solo un fenomeno pre-riflessivo, ma la struttura primaria dell’epistemologia stessa. La conoscenza non è un atto intellettuale, ma un processo fisico che si attua nel corpo attraverso il rapporto diretto con la materia. Ogni deviazione da questa realtà è una costruzione illusoria, un’allucinazione prodotta da una deformazione cognitiva.

  • "Ogni processo cognitivo si radica in un substrato biochimico e pulsionale. Il sentire viscerale non è un livello pre-razionale, un residuo primitivo da superare, ma la condizione stessa della conoscenza. Il lógos non è un prodotto della razionalità separata dal corpo, ma un fenomeno della carne: il pensare è una conseguenza della nostra fisiologia, non un’attività astratta che la sovrasta".


 
4. Il Non-Essere come Deficit Strutturale
 
Se il pensiero è una funzione biologica, allora l’incapacità di accedere alla verità non è un fallimento concettuale, bensì un deficit strutturale. La tradizione idealista ha interpretato l’errore cognitivo in termini morali o metafisici, mentre esso deve essere riformulato in chiave biologica:

- L’incapacità di percepire il reale è una deformazione biologica. Le deformazioni distorcono l'osservato perché costruiscono e ricostruiscono possibilità e possibili realtà fittizie.
- L'incapacità di sentire visceralmente la realtà in alcuni soggetti (il cosiddetto narcisista, il cosiddetto perverso e il cosiddetto deficitario cognitivo, esempi tra esempi sul piano autoptico) è riconducibile a un deficit biologico che si manifesta anche come impotenza sessuale. Questo nesso, spesso volutamente ignorato, impone una revisione delle categorie psicologiche tradizionali.

L’associazione tra deficit cognitivo e impotenza sessuale trova riscontro nell’integrità dei circuiti dopaminergici. Studi neuroendocrinologici dimostrerebbero compromissioni delle capacità di pensiero. L’attività dei recettori androgeni nel sistema limbico e nella corteccia prefrontale suggerirebbe che il deficit in un'area possa ripercuotersi direttamente sull’altra, minando sia la lucidità cognitiva che la risposta viscerale: chi ha un assetto neurochimico deficitario non solo pensa in modo disordinato, ma risponde fisiologicamente in modo disfunzionale.

- Il perturbante è un errore ontologico, non un fenomeno metafisico.

Se la conoscenza è vincolata alla struttura neurale, allora la sua compromissione non è solo un malfunzionamento temporaneo, ma una condizione ontologica. In questo senso, il perturbante non è una mera esperienza soggettiva, bensì la frattura tra ciò che la mente è in grado di decodificare e ciò che eccede la sua capacità di elaborazione.

- La comprensione autentica del reale dipende dalla configurazione neuronale dell’individuo.

Dell'esplosione dell'analisi

Il cosiddetto narcisista maligno perverso è paragonabile al carcinoma visto sopra.
 
Questa prospettiva impone di ridefinire l’epistemologia in termini biologici, riconoscendo che chi è strutturalmente manchevole non potrà mai accedere a una conoscenza autentica della realtà.

  • "Non percepire il reale non è una semplice mancanza, ma una deviazione strutturale che costringe a costruire surrogati della realtà: ideologie, sistemi metafisici, narrazioni consolatorie. Il deficit non è solo un problema epistemico, ma una condizione biologica: chi non ha la struttura adatta a sostenere la materia, inventa altri mondi per non collassare nel nulla del proprio fallimento organico".
  • "Se la realtà è filtrata attraverso una struttura biologica fallibile, allora ogni percezione è inevitabilmente una selezione, un fraintendimento adattivo. Il problema non è nell’errore in sé, ma nella sua naturalizzazione: si scambia la propria incapacità di percepire per una verità assoluta".
  • "La conoscenza non è un esercizio intellettuale astratto, ma una funzione emergente da una determinata configurazione neuronale. Chi non possiede una struttura biologica adeguata non può accedere a una comprensione autentica della realtà. Di conseguenza, elabora narrazioni alternative, spesso idealizzate o metafisiche, per compensare l’incapacità di sostenere la materialità del reale".

 
5. Verità e Struttura Materiale dell’Essere
 
Se la verità è una proprietà della struttura materiale dell’essere, essa non può essere semplicemente "raggiunta", ma deve essere contenuta nella conformazione biologica dell'individuo stesso:
 

- La verità non è un concetto astratto, ma una funzione della configurazione neuronale.
- L’essere manchevole non è solo privo di conoscenza, è privo della capacità di conoscere.
- L’idealismo fallisce nel momento in cui presuppone un pensiero indipendente dalla materia.
 
La verità, in questa prospettiva, non è un accesso, ma una qualità dell’essere: solo chi possiede una determinata struttura biologica può conoscerla. Chi è difettoso strutturalmente, non la potrà mai cogliere.

  • "La verità non è un’astrazione, né un concetto accessibile a tutti in modo democratico. È una funzione biologica, un prodotto della configurazione organica. Tuttavia, se la plasticità neurale esiste, significa che la struttura non è un destino ineluttabile. Alcuni possono modificarsi, altri restano bloccati nel difetto di fabbrica. La differenza è tra chi evolve e chi rimane fossilizzato nel proprio errore".
  • "Se la verità è una proprietà della struttura materiale dell’essere, allora la sua accessibilità non è uguale per tutti. La configurazione organica dell’individuo determina la sua capacità di coglierla. Tuttavia, la plasticità neuronale implica che, almeno in parte, questa struttura possa essere modificata: alcuni soggetti hanno la possibilità di espandere il proprio accesso alla verità, mentre altri restano vincolati ai limiti biologici della loro configurazione originaria".

 
6. Implicazioni Filosofiche e Scientifiche
 
Questa nuova impostazione conduce a un ripensamento radicale delle discipline tradizionali:
 
- Il pensiero idealista si dissolve, poiché il pensiero puro non esiste.
- La psicologia deve ridefinirsi, considerando i disturbi cognitivi come disfunzioni biologiche piuttosto che deviazioni morali o comportamentali.
- La metafisica perde di significato, in quanto ogni fenomeno deve essere analizzato sulla base della sua verificabilità biologica.
- L’ontologia deve fondarsi sulla materia, abbandonando ogni riferimento a entità immateriali.

  • "La demolizione dell’idealismo non basta. Per sostituire il vecchio paradigma epistemologico, serve una scienza del pensiero ancorata alla biologia, una epistemologia della carne. La conoscenza non è un processo astratto, ma una funzione organica: è verificabile solo nella misura in cui è radicata nella materia e si sviluppa a partire dalla struttura biologica che la sostiene".

 
7. Conclusione: Verso una Filosofia Materiale del Pensiero
 
Questo saggio non avanza una mera ipotesi, ma propone un cambiamento paradigmatico nella comprensione del pensiero. La filosofia non deve lussureggiare ignorando la biologia: il pensiero è carne, e chi è biologicamente manchevole sarà sempre privo della possibilità di comprendere il vero. Si impone, dunque, una revisione della tradizione filosofica, che deve riconoscere il pensiero come un fenomeno eminentemente materiale e visceralmente ancorato all’essere corporeo.
 

  • "La filosofia deve ora farsi carne. Il pensiero non è un’entità indipendente, non è un’idea sospesa nel vuoto: è fenomeno biochimico, elettricità, impulso. E chi è strutturalmente manchevole, chi è difettoso nella propria carne, rimarrà prigioniero della sua stessa deficienza, senza possibilità di accesso alla verità. Non si tratta di una scelta o di una visione: è la necessità biologica dell’essere".

 
Neuroscienze e Psicologia
 
- Se il pensiero è una funzione biologica e il deficit cognitivo è strutturale, la psicologia dovrebbe cessare di trattare certi disturbi come semplici problemi comportamentali o morali.
- La psichiatria e la psicoterapia dovrebbero abbandonare il linguaggio vago delle "strutture psichiche" per ancorarsi a dati neurofisiologici più precisi.
- Esempio concreto: i disturbi della personalità (come il narcisismo patologico o la psicopatia) andrebbero indagati come anomalie neurobiologiche irreversibili piuttosto che come "modelli psicologici" modificabili con la terapia.
 
Intelligenza Artificiale e Filosofia della Mente
 
- Se il pensiero è radicato nella carne e non è un’astrazione, ogni tentativo di riprodurre un’IA con “coscienza” è condannato al fallimento.
- La ricerca sull’IA dovrebbe spostarsi dal tentativo di simulare la cognizione umana con algoritmi simbolici a una comprensione più profonda dei vincoli biologici della coscienza.
 

Leggi l'intero taccuino in Substack...