di Anna Maffei
Potrei iniziare sciorinando tutti i suoi lavori, da quelli degli esordi da piccolissimo, alcuni di grande popolarità ma scarso valore (per le sue esigenze espressive) fino all'oggi, fino all'eccellente interpretazione del Principe di Salina ne "Il Gattopardo" di Netflix.
Potrei anche dire che, ad un certo punto, quel giovanissimo Kim disorientato dinanzi a una macchina da presa, con la fatica di superare la timidezza,forse avrebbe voluto dedicarsi ad altro, proprio altro: lavori come il muratore , magari in edilizia acrobatica.
Meno male che è andata diversamente.
Perché, sebbene quel Romualdo tanto amato dalle ragazze non fosse nelle sue corde, si 'notava' che gli occhioni blu desideravano comunicare contenuti e sensazioni diverse ma certamente freddi e distanti non erano.
Kim Rossi Stuart nelle varie interviste, con la sincerità che lo contraddistingue, ha sempre affermato di non aver fatto studi 'alti' e lo diamo come assunto. Ma studiare metodi recitativi, imparare il mestiere di attore a 15 anni, quando davvero si assorbe tutto, si cresce, ci si confronta, credo sia molto di più che un percorso scolastico con programmi che spesso esulano dagli interessi dei giovani. Oltretutto credo molto nello studio 'personale', negli approfondimenti di testi, in primis i classici, perché lì ci sono le radici del sapere, c'è filosofia, c'è Storia.
E, a proposto di tecniche , trovo che in Kim convoglino sia Stanislavskij e Strasberg che Meisner e Michael Chekhov. Metodi che in lui non appaiono slegati data una recitazione che giunge "naturale", per niente costruita. Eppure c'è tanto meticoloso studio, dietro...
Kim non lascia nulla al caso. Si concentra sull'esperienza interna e sull'espressione emotiva cercando la "verità" nel personaggio, utilizzando memorie ed emozioni personali. Utilizza la "memoria sensoriale" riportando alla mente sensazioni fisiche associate a ricordi emotivi per evocare reazioni genuine durante la performance. Nonché l'immaginazione, per abitare la "psicologia del personaggio", unitamente all'espressione corporea, al gesto, allo sguardo.
E poi c'è un dato non meno importante che è l'osservazione del mondo e degli esseri umani.
Kim Rossi Stuart, così notoriamente riservato e scarso frequentatore di consessi mondani, si guarda intorno, guarda il vissuto di gente comune, i dolori, le gioie, i sacrifici, la semplicità e la complessità del quotidiano. E' lì che si attingono sentimenti e azioni. O spunti per le sue regie e per la scelta di chi interpretare. E le si confronta con le proprie.
Quando poi veste i panni di personaggi forti e fuori dalle righe, l'approccio emerge anche in modo più deciso.
"Vallanzasca", ribelle per eccellenza, Kim lo studia nel profondo. Perché la ribellione viene fuori sempre dalla rabbia. Non è dunque un'esaltazione della violenza ma scandagliare il percorso esistenziale che ha formato quest'uomo che, oggettivamente, è stato un crimininale. "Ciò che mi interessava era il percorso tragico, drammatico, crudele e personale di un uomo non costretto, ma consapevole di scegliere il male. Ciò che vedete sullo schermo è ciò che io ho assimilato di Renato Vallanzasca, la coabitazione in lui di elementi tanto contrastanti, brutalità, leggerezza, ironia, fascino, autolesionismo, lo rendono un personaggio iperbolico che si presta (e non è il solo) ad essere protagonista di un film", dice Kim Rossi Stuart.
Credo che Kim, apprezzatissimo dai suoi colleghi e dalla critica, sia un attore (e un regista) fuori da schemi, con un rigore tale che tutto ciò che interpreta (un uomo debole, un delinquente, un uomo di legge, un inquieto, uno psicopatico) colpisce per la verità e la naturalezza: se lo spettatore lo accoglie con piacere ed empatia ,l'attore sarà riuscito nell'intento ("Quando lavoro, devo sempre avere la sensazione di fare una sorta di via crucis, di dissanguarmi. Sono uno che deve dare tutto quello che ha.-dice).
Kim parla poco. Nelle interviste- almeno le meno recenti- evidenzia la difficoltà di parlare... Attenzione, a mio avviso 'non' di parlare, quanto piuttosto di "spiegare" il perché di un film, il "come" sia entrato in un personaggio, i sentimenti personali e quant'altro abbia a che vedere con il cercare di far capire tutto quel lavoro a tavolino e lo sforzo di trovare i dialoghi giusti, le emozioni giuste.
Come spiegare, per esempio, "Le chiavi di casa" ? Un film di sentimenti, di anime che si incontrano/scontrano, di malattia, di lotte interiori? Semplicemente lo si vede. Perché questo film è fatto molto di sguardi, silenzi, sorrisi sereni o isterici, tentativi, corse, pensieri.
Dunque, Kim Rossi Stuart, un po' più che altri attori del panorama italiano dell'ultimo ventennio(anche qualcosa in più...), ha bisogno di raccontare e raccontarsi attraverso le sue produzioni. Scegliendo meticolosamente temi che possano diventare universali e molto poco o per niente autobiografici.
I temi ricorrenti nei film da regista sono la ricerca dell'universo femminile, il rapporto padre-figlio, il dualismo Bene/Male. Sempre trattati da prospettive diverse.
Alla domanda "Chi è veramente un attore?" in una recente intervista, Kim Rossi Stuart risponde: "Tutto e il suo contrario. L’essere più inconsistente, vuoto e vanesio del mondo o qualcuno capace di accendere un lampo che aiuti a veicolare una presa di coscienza collettiva" .
PER APPPROFONDIMENTI sulla carriera, tutti i suoi lavori al cinema. in teatro e in TV , due spazi amatoriali (l'attore 'non' ha social):
Il Blog in rete "KIM ROSSI STUART: L'ARTE DI SCRUTARE L'ANIMA" https://kimrossistuartitalia.blogspot.com/
La Pagina Facebook KIM ROSSI STUART-Blog amatoriale https://www.facebook.com/KRossiStuart/