A Teheran Paola Amadei, ambasciatrice italiana in Iran, nelle prime ore del 30 dicembre ha incontrato Vahid Jalalzadeh, vice ministro degli Esteri.
Pur riconoscendo che la nostra connazionale Cecilia Sala è detenuta già dal 19 dicembre nel carcere di Evin, Jalalzadeh ha ammesso che nei suoi confronti al momento esista solo una generica accusa di “aver violate le leggi della Repubblica Islamica”.
Notizie di agenzia confermerebbero, però, che nel corso dell’incontro il vice ministro iraniano abbia accennato, seppur vagamente, che la liberazione di Cecilia Sala potrebbe essere facilitata dalla decisione italiana di non concedere l’estradizione verso gli USA di Mohammad Abedini cittadino iraniano con passaporto svizzero.
L’ingegnere Abedini, accusato dagli USA di avere fornito supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, è detenuto dal 16 dicembre nel carcere di Opera a Milano su mandato di arresto americano.
Joe Biden che, come molti statunitensi, considera l’Italia un protettorato USA, ritenendo di poter avere il controllo di quanto avviene sul nostro territorio è entrato a gamba tesa in questa vicenda impedendo al governo Meloni, ed in specie al Ministero degli Esteri di cercare, con Teheran, possibili soluzioni del caso.
La conferma è nelle parole di Antonio Tajani che, dopo 12 giorni di detenzione della nostra connazionale, ha dovuto ammettere con imbarazzo: “non è possibile prevedere i tempi di rilascio” di Cecilia Sala.
È inaccettabile che una vicenda che potrebbe essere risolta per via diplomatica nel giro di pochi giorni, tra Italia ed Iran, negando l’estradizione dell’ingegnere Mohammad Abedini, rischia di trascinarsi per le lunghe perfino dimostrando indifferenza per le angosce che vive Cecilia Sala.
Non solo, ma esiste anche la opzione per il nostro ministro Guardasigilli di invocare il prevalere dell’interesse nazionale, non concedere l’estradizione di Abedini, quindi trattare con Teheran.
È assurdo, comunque, che il governo Meloni non possa risolvere questa vicenda in autonomia solo perché Joe Biden, dispotico zio d’America dei sudditi italiani, non accetti che la soluzione del caso si realizzi senza il suo personale imprimatur e l’estradizione del cittadino iraniano.
Ascoltando quanto dichiarato da Antonio Tajani si può presumere, perciò, che il caso Sala rimarrà in stand by fino a metà gennaio.
Infatti solo il prossimo 12 gennaio è previsto che lo zio d’America, Joe Biden, giunga a Roma per un ultimo abbraccio con Giorgia Meloni, e per comunicare ai sudditi italiani la sua decisione sulla sorte di Cecilia Sala.
In attesa, però, possiamo assistere ad azioni che si possono definire grottesche:
Ad esempio, da anni oramai gli USA non intrattengono più relazioni diplomatiche con Teheran, ciò nonostante il Dipartimento di Stato americano in questi giorni si è rivolto all’Iran invitandolo a liberare Cecilia Sala.
Il dubbio è: lo avrà fatto per la solita boria a stelle e strisce o in nome del governo di un Paese, l’Italia, protettorato USA?
Non è questo il primo e di certo non sarà l’ultimo caso in cui la sovranità italiana è violata dalla prepotenza statunitense.
Di certo è questo un ulteriore segno della arroganza e della strafottenza con cui la Amministrazione americana interpreta da sempre la sua pelosa “amicizia” con il nostro Paese.