"Concluso il mio intervento in Consiglio Regionale, ho ricostruito i fatti e lo spirito responsabile con cui abbiamo reagito all'emergenza Covid, che è ben lontano dal travisamento mediatico di queste ore.Da Avvocato ho studiato anni di diritto, mi rattrista vedere come da 72 ore sono emersi particolari di indagine, elementi che in pochi potevano conoscere e che temo siano finalizzati a destabilizzare un solido Governo regionale e non di certo per giungere ad una verità processuale.Intendo guidare con orgoglio, con rinnovato entusiasmo e con immutata responsabilità questa Regione guardando al futuro, guardando all’Autonomia non come mera concessione ma come diritto costituzionale. La Lombardia è libera e come tale va lasciata".

Queste le parole con cui Attilio Fontana, presidente della regione Lombardia ha commentato il suo intervento di ieri in Consiglio regionale per spiegare la fornitura di Dama ad Aria ed il suo personale coinvolgimento nella vicenda.


16 aprile 2020. 
Nell'offerta inviata ad Aria, viene proposta la vendita di 7mila set di camici, calzari e cuffie a 9 euro l’uno e 18 mila camici a 6 euro. Dini, cognato di Fontana che gestisce la Dama Spa, ditta in cui la moglie del presidente Fontana ha una quota del 10%, si dice disponibile alla "fornitura" di altro materiale: 50mila set oppure 57mila camici. "Sempre agli stessi prezzi. Tutto made in Italy".

15 maggio.
Report  intervista Fontana in merito agli acquisti di camici, da parte della Regione, dall’azienda del cognato e della moglie.

Report interpella Dini e gli domanda della fornitura. Dini tentenna, attorcigliandosi in un «effettivamente i miei, quando io non ero in azienda durante il Covid, hanno male interpretato la cosa, ma dopo ho immediatamente rettificato tutto».

19 maggio.
Bonifico da 250mila euro destinato all’azienda del cognato e della moglie di Fontana e partito direttamente dai conti svizzeri del presidente leghista. In pancia fino al 2015 c’erano oltre 5 milioni di euro gestiti da due trust alle Bahamas su indicazione della madre – poi scudati grazie alla voluntary disclosure (la legge sul rientro dei capitali illeciti detenuti all’estero) – e su cui ora si concentrano le attenzioni dei magistrati.

20 maggio.
"Gesto benefico scambiato per fornitura a causa di un equivoco con i dipendenti". Così Dini, cognato di Fontana.

7 giugno.
Così il presidente della regione Lombardia, Attilio Fntana: "Non so nulla, sono totalmente estraneo alla vicenda".

11 giungo.
La GdF acquisisce gli atti, Fontana chiede alla fiduciaria di non effettuare più la transazione da 250mila euro richiesta con "urgenza" a maggio, secondo quanto riporta Il Corriere della Sera.

8 luglio.
"Non riscontrato il patto di integrità» anti-conflitti di interesse nei contratti regionali: parte l’indagine dei pm su Bongiovanni (responsabile di Aria, Azienda Regionale per l'Innovazione e gli Acquisti della regione Lombardia) e Dini per l’ipotesi di "turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente".

26 luglio.
"Quando è saltata fuori questa storia e ho visto che mio cognato faceva questa donazione, ho voluto partecipare anch’io. Fare anch’io una donazione". Così Attilio Fontana in una intervista a La Stampa.

27 luglio.
"Ho chiesto a mio cognato di rinunciare al pagamento per evitare polemiche e strumentalizzazioni», poi «ho pensato di partecipare personalmente a parte della copertura". Sempre una dichiarazione di Attilio Fontana.


Quanto elencato da maggio a luglio, invece, è la "vicenda camici" riassunta dal consigliere regionale 5 Stelle, Massimo De Rosa, che commenta la posizione di Fontana in questi termini:

"Altro che riaffermare la verità! I fatti parlano chiaro: Fontana ha cambiato versione più e più volte, contraddicendosi. Conflitto di interessi, affidamenti diretti di appalti pubblici a parenti, milioni di euro in Svizzera scudati con una legge italiana, società fiduciarie e conti correnti nei paradisi fiscali delle Bahamas, menzogne ai lombardi e agli italiani: cosa deve fare di peggio un presidente di una regione importante come la Lombardia per dimettersi?I cittadini lombardi meritano rispetto e giustizia per tutti i disastri causati dall'incompetenza della Lega sempre più coinvolta in inchieste giudiziarie. Ora basta, è stato toccato il fondo". 


Per coloro che desiderano farsi un'opinione su quanto accaduto vanno inoltre aggiunti ulteriori dettagli, non riportati in precedenza.

Attilio Fontana, nel 2017, è stato multato da Anac per omessa dichiarazione del suo stato patrimoniale, secondo quanto riportato dal Corriere della sera. Il motivo? Quando Fontana era ancora sindaco di Varese (incarico mantenuto fino al giugno 2016) non fornì lo stato patrimoniale nel 2016 (relativo al 2015) al Comune che amministrava e da cui sarebbe risultata la nuova disponibilità in Svizzera dei 5 milioni di euro sanati ricorrendo allo scudo fiscale.

"L'Anac chiede lumi e così alla fine di gennaio 2017 di nuovo il responsabile anticorruzione del Comune conferma che Fontana ha continuato a non trasmettere la dichiarazione di legge, benché gli sia stata sollecitata molte volte. Così la dirigente dell'Uvot-Ufficio di vigilanza sugli obblighi di trasparenza, all'interno di Anac, sanziona Fontana con mille euro". 

Fontana, ricorda ancora Il Corriere, dei due trust creati dalla madre defunta che "risultava intestataria", in uno risultava "il soggetto delegato" e nell'altro "il beneficiario economico".


E Fontana, secondo il Blog di Domani, nuovo quotidiano che uscirà nei prossimi mesi, avrebbe mentito anche in relazione ai movimenti del suo conto svizzero: "Il governatore ha detto che il conto con il suo tesoro nascosto al fisco non era operativo dagli anni Ottanta. Ma è stato aperto nel 1997 e i soldi hanno continuato a uscire ed entrare fino al 2015".


Finito qua? C'è un'ultima notizia a rendere ancor più strana e paradossale la vicenda camici. 

L'ufficio legale di Aria ha dato parere negativo e, pertanto, non ha accettato la donazione di camici da parte di Dama, secondo quanto riportato dall'Ansa, che riferisce un particolare di quanto emerso dalle indagini della magistratura. 

Infatti, la donazione di Dama non essendo di "modico valore" avrebbe dovuto essere effettuata tramite un atto pubblico notarile e alla presenza di due testimoni. Quindi, la mail mandata da Andrea Dini lo scorso 20 maggio all'allora dg di Aria Filippo Bongiovanni per revocare il contratto di fornitura non è stata giudicata sufficiente come atto di donazione che, pertanto, è stato rifiutato.