In Moldavia, le proteste contro il governo stanno andando avanti da settimane, motivate dall’aumento dei prezzi e dall’incertezza sul riscaldamento e sul carburante che minaccia l’autunno e l’inverno. Da parte sua, il governo di Natalia Gavrilița va avanti per la strada che ha imboccato fin da subito e che porta verso Bruxelles.

L’Unione Europea aveva per lungo tempo negato alla Moldavia la possibilità di diventare uno Stato membro: oggi invece sta accelerando i tempi proprio in un momento storico pericoloso e delicato come quello della guerra in Ucraina. Ma Chișinău non ha risolto nessuno di quei problemi che la tenevano lontana dal consesso UE, cioè la corruzione, l’inadeguatezza del livello economico, le questioni di indipendentismo delle sue regioni, la spaccatura della sua società fra chi vorrebbe entrare in Europa, chi vorrebbe rimanere neutrale e chi vorrebbe stare con la Russia.

Su tutti questi problemi Bruxelles è disposta a chiudere entrambi gli occhi pur di avere un altro Paese sovrano a sua disposizione nella NATO e nella UE, ma in questo caso il rischio di far saltare la stabilità dell’Unione esiste davvero. Se non si considera l’Ucraina, allora è la Moldavia ad avere il PIL più basso d’Europa. E se non consideriamo la società moldava nel suo complesso o la regione autonoma della Gagauzia, allora a disturbare il rispetto delle regole di adesione alla NATO c’è la Transnistria, regione che di fatto è indipendente da decenni e che è presieduta con il consenso del governo locale dai soldati della Federazione Russa.

A tutti questi problemi Bruxelles vuole rispondere dando più soldi e più armi, così come il Regno Unito, che la scorsa settimana ha mandato a Chișinău il suo ministro per gli affari europei Leo Docherty, il quale ha incontrato il ministro degli Esteri Nicu Popescu. Quest’ultimo ha evidenziato come la Moldavia desideri più investimenti nel settore della sicurezza e della difesa. In linea teorica, la spinta militarista del governo Gavrilița cozza con il dettato costituzionale, che sancisce la neutralità permanente del Paese.