Dopo che il commissariamento della Grecia è finito, almeno burocraticamente anche se non di fatto, Commissione europea e governo greco festeggiano per aver riportato il Paese dentro i parametri dettati dalla cosiddetta Troika.

Ma i festeggiamenti non ricordano che tra i risultati dell'intervento sono da includere anche la disoccupazione per oltre 2 milioni di greci su una popolazione che supera di poco i 10 milioni, i tagli alla sanità, quelli alla previdenza con il valore delle pensioni crollato di oltre il 50%, mentre per coloro che hanno la "fortuna" di poter lavorare, i salari adesso sono tra i più bassi d'Europa.

E dato che ogni nazione è fatta anche, se non soprattutto, dalle persone che ci vivono, che cosa ci sia da festeggiare è difficile capirlo.

Perché parlare ancora di Grecia? Perché il Wall Street Journal, dopo aver catalogato come conclusa la pratica ellenica, ha iniziato a chiedersi se l'Italia non sia, o non lo possa essere a breve, la prossima candidata per un intervento congiunto di Commissione Ue, Bce e Fmi...

I conti italiani sono a rischio, perché il debito pubblico è alto, lo spread sale anche se il QE della Bce è ancora attivo e la manovra di bilancio (o se si preferisce la legge di stabilità) del governo del cambiamento è alle porte. Tutti elementi per una tempesta perfetta.

Quindi, parlare di Italia a rischio non è né un esercizio di stile, né una mossa politica per dare ossigeno e visibilità alle forze di opposizione nel Parlamento italiano. Si tratta solo dell'evidenza dei fatti.

Sapremo solo a settembre in che modo le promesse elettorali di Lega e 5 Stelle potranno ottenere le coperture necessarie che, va ricordato, non servono solo ad accontentare l'Europa, ma anche il Quirinale che deve verificare che venga rispettato il pareggio di bilancio che in passato è stato introdotto nella Costituzione modificandone l'articolo 81, per imitare la stessa decisione che si stava prendendo in Germania, ma che in quel Paese venne però bloccata prima dell'approvazione in Parlamento dalla locale Consulta, che ne decretò l'incostituzionalità.

A settembre, quindi, avremo la possibilità di assistere ad uno scontro politico tra Lega e 5 Stelle che si metteranno a litigare su quale sia il provvedimento da approvare per primo nella prossima manovra e quello a cui rinunciare a causa della mancanza di risorse: flat tax o reddito di cittadinanza?

Ma se le due forze politiche saranno poi concordi nell'approvare entrambi i provvedimenti, dove verrebbero trovate le coperture, ammesso che sia possibile che possano esserci anche solo per uno dei due?

Ovviamente lo spread inizierà a correre, anche più di adesso. L'Europa ci minaccerà con un regime di sanzioni e tutto peggiorerà ad inizio del prossimo anno, quando gli acquisti dei titoli da parte della Bce, tramite il Quantitative Easing, saranno terminati.

In qualche modo quanto ipotizzato non accadrà? Allora vorrà dire che sarà sufficiente attendere qualche mese, quando i conti dello Stato mostreranno che la flat tax non avrà dato i ritorni sperati e che la spesa sociale e, di conseguenza, il debito pubblico saranno a rischio.

Quindi, a ben vedere, il WSJ sta solo ricordandoci quello che in molti fanno finta di non vedere.