Rinascita Scott non può essere paragonata al maxi-processo di Palermo. Il confronto è improponibile, sia perché il processo di Palermo terminò con la definitiva sconfitta di “Cosa Nostra, sia perché in quel contesto furono condannati tutti i componenti appartenenti alla cupola, a partire da Totò Riina fino ad arrivare a Michele Papa, Pippo Calò, Bernardo Provenzano, i fratelli Ignazio e Antonino Salvo.

Questo naturalmente lo sa anche Nicola Gratteri. A Lamezia, purtroppo, non è stata sconfitta la ‘ndrangheta, ma solo una piccola nervatura della stessa.  Diversa è stata anche la genesi, diversi i risultati e gli imputati condannati alla fine con sentenza definitiva.

Dopo Rinascita Scott la ndrangheta è forte e pervasiva almeno quanto prima se non ancora di più. Questo non significa che il processo non sia stato importante, ma soltanto che non ha abbattuto i centri del potere mafioso calabrese. La ‘ndrangheta resta forte e si espande a macchia d’olio in ogni parte del globo.

La Calabria non è la Sicilia e non parlo ovviamente in termini geografici. I calabresi nell'aula bunker di Lamezia non c’erano. A Palermo ci fu la corsa sin dall'alba per assistere al maxi-processo. Si sentiva nell'aria, grazie anche a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che quel processo avrebbe inferto un colpo mortale a Cosa Nostra.

I calabresi non sono omertosi ma sanno che la ‘ndrangheta è potentissima e in Calabria comanda ancora nei centri nevralgici del potere. Gratteri purtroppo da solo può poco o nulla poiché occorrerebbe una svolta epocale sul piano culturale - simile alla Primavera di Palermo - che accompagnasse e supportasse l’azione dello Stato. Senza il consenso popolare e senza una rivoluzione culturale la magistratura non sconfiggerà mai la ‘ndrangheta.

Il maxi-processo di Palermo fu altra cosa. Erano anni in cui c’era una sfida aperta della mafia che padroneggiava la politica. Falcone e Borsellino firmarono i mandati di cattura per condurre in carcere capimafia abituati fino ad allora alla assoluta impunità.

Giovanni Falcone si espose, rilasciando interviste ai giornali di tutto il mondo, viaggiò all'estero (Stati Uniti, Svizzera), intessendo relazioni solide con polizia e magistratura internazionali. Resta ad oggi il magistrato che sconfisse la mafia attaccandola in uno dei miti più solidi: la sua invincibilità.

Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.