Quello che indaga della Guardia di finanza… il generale… ce lo abbiamo messo noi. Queste parole, pronunciate dal sottosegretario al MEF Claudio Durigon e riprese dall'ottima testata Fanpage, che ringrazio, sono gravissime; sono gravissime se anche solo millantava con spacconeria, perché, evidentemente, ha gettato discredito e macchiato l'immagine della Guardia di finanza e del Ministero dell'economia e delle finanze, e sarebbero ancora più gravi - non sto neanche a spiegare il perché - se davvero Durigon pensasse di poter vantare un credito di riconoscenza nei confronti di qualcuno che sta indagando sul suo stesso partito.In ogni caso, tertium non datur, è evidente che Durigon non può rimanere in quel Ministero un minuto in più e noi siamo qui per chiederle, Presidente Draghi, cosa intende fare: se intende adoperarsi, com'è nelle sue prerogative, per arrivare alla sua giusta rimozione o se invece pensa di dover difendere la presenza di Durigon nel sedicente Governo dei migliori. In ogni caso le chiediamo di prendere una posizione chiara e netta al cospetto di questo Parlamento e di tutti i cittadini italiani.
Così l'ex 5 stelle Francesco Forciniti, adesso nel gruppo Misto-L'Alternativa c'è, mercoledì alla Camera ha introdotto l'interrogazione Colletti ed altri che aveva per "oggetto" l'onorevole Claudio Durigon, finito al centro dell'inchiesta giornalistica Follow the money realizzata da Blackstair, il team investigativo di Fanpage.
Questa, riportata di seguito, la risposta ricevuta direttamente dal presidente del Consiglio, Mario Draghi:
Onorevole Presidente, onorevoli deputati, l'interrogazione ha ad oggetto alcune affermazioni dell'onorevole Durigon, verosimilmente riguardanti un'indagine che ha visto coinvolti diversi professionisti e un'istituzione privata. Sentito il comando generale della Guardia di finanza, si segnala che l'indagine oggetto dell'interrogazione è stata svolta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Milano nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria alle dipendenze e sotto la direzione della procura della Repubblica di Milano. Il codice di procedura penale, articolo 329, recita al comma primo: “Gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, le richieste del pubblico ministero di autorizzazione al compimento di atti di indagine e gli atti del giudice che provvedono su tali richieste sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari”.In altre parole, gli agenti di polizia giudiziaria possono riferire solo al magistrato titolare dell'indagine. Ora, i reparti della Guardia di finanza che hanno svolto le suddette attività investigative sono comandati da ufficiali con il grado di colonnello; nessun ufficiale generale ha svolto ruoli direttivi nelle investigazioni oggetto dell'interrogazione. Peraltro, si evidenzia che tali ufficiali non rivestono qualifiche di polizia giudiziaria, pertanto non possono ricoprire un ruolo di diretto intervento nell'ambito delle indagini eseguite di iniziativa o su delega dell'autorità giudiziaria. I reparti operativi del Corpo, peraltro, sono dotati di piena autonomia organizzativa. Il carattere gerarchico che connota la struttura del Corpo stesso non altera mai il rapporto di dipendenza funzionale dall'autorità giudiziaria delegante, che, per legge, assume la direzione delle indagini. Infine, la stessa procura di Milano, in data 29 aprile, ha confermato piena fiducia ai militari della Guardia di finanza, evidenziandone la professionalità, il rigore e la tempestività negli accertamenti loro delegati.
In pratica, stando a quanto afferma Draghi, i colonnelli della Guardia di Finanza, impegnati in attività di polizia giudiziaria, non hanno più un superiore in grado, sono proiettati al vertice della piramide gerarchica. Se qualcuno osasse dir loro qualcosa, foss'anche appunto un generale del corpo, se ne possono sbattere bellamente. Hmm... non sembra un'ipotesi molto credibile.
Comunque il premier ci ha cortesemente reso edotti del fatto che manterrà Durigon al suo posto... come se nulla fosse accaduto. Ma non è una decisione all'altezza della "fama" di Draghi, come Andrea Colletti (gruppo Misto-L'Alternativa) ha successivamente spiegato nella sua replica:
Presidente Draghi, in quale Paese civile un sottosegretario, un rappresentante di Governo potrebbe dire di controllare un generale della Guardia di finanza per delle indagini che coinvolgono il proprio stesso partito? In quale Paese, se non l'Italia, un sottosegretario rimarrebbe al proprio posto, nonostante tutto questo? Che grado di complicità ha lei e il suo Governo nel non dire nulla per oltre una settimana?Perché lei, i suoi colleghi Ministri e le forze politiche di maggioranza siete così omertosi? Ma se anche fosse una mera millanteria o un millantato credito quello di Durigon, quanto sarebbe politicamente ugualmente grave? Presidente Draghi, in un Paese serio un Presidente del Consiglio specchiato dopo un'ora dalla messa in onda del servizio di Fanpage - e merito a loro - avrebbe imposto le immediate dimissioni del sottosegretario Durigon o ne avrebbe decretato la revoca immediata. Il sottosegretario, Presidente Draghi, ha giurato nelle sue mani e non di qualcun altro. È lei quello che ne ha la responsabilità politica - non la Lega; lei! - e questa vicenda dimostra il substrato valoriale del suo Governo e della sua maggioranza. In Germania i Ministri si sono dimessi per aver copiato passi di tesi di dottorato. Cosa bisogna fare in Italia, Presidente Draghi, per ottenere le dimissioni di un politico? Servono soltanto due parole: revoca immediata, e con questa risposta lei si è dimostrato complice.
È possibile dargli torto? E sarebbe questo il governo dei "migliori"?