Pagare le tasse per il giusto e per quanto dovuto è un dovere civico di tutti i cittadini italiani, un dovere che tutte le parti politiche sono chiamate a far rispettare. Se tutti pagassero le tasse, l’Italia azzererebbe il proprio debito pubblico in soli pochi anni, migliorerebbe i servizi pubblici resi ai propri cittadini e sgraverebbe il ceto medio da un’imposizione fiscale esagerata e senza precedenti!
Purtroppo sino ad oggi nessun governo si è mai messo sul serio a lavorare per stanare evasori ed elusori fiscali. Eppure la soluzione sarebbe semplicissima, anche se impopolare: eliminare l’uso del contante e consentire di portare in detrazioni ogni genere di spesa.
Misure di questo tipo renderebbero tracciabile ogni tipo di transazione economica, conferendo ad ogni cittadino un potente incentivo a chiedere sempre una ricevuta o una fattura.
Un cambiamento radicale come quello descritto richiederebbe una forte volontà politica bipartisan, una comunicazione chiara e trasparente, e una strategia che accompagni i cittadini e le imprese verso la transizione. La lotta all’evasione fiscale non può che passare per un mix di interventi normativi, tecnologici e culturali, mirati a far comprendere i benefici collettivi di una maggiore equità fiscale.
Ma da questo orecchio, pare che nessuno ci senta, tanto a pagare per tutti ci sono sempre i “soliti fessi”: lavoratori dipendenti e pensionati!
E veniamo ad oggi, alle dimissioni del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, annunciate questa mattina in una intervista al Corriere della Sera: “Non scendo in campo – dice, commentando l’ipotesi di un ruolo di ‘federatore’ dell’area centrista dell’opposizione – ma rivendico il diritto di parlare. Ho letto che parlare di bene comune sarebbe una scelta di campo. E che dunque dovrei tacere oppure lasciare l’incarico. È stata fatta persino una descrizione caricaturale del ruolo di Direttore dell’Agenzia, come se combattere l’evasione fosse una scelta di parte e addirittura qualcosa di cui vergognarsi”.
“Non condivido – dice ancora Ruffini – il chiacchiericcio che scambia la politica per un gioco di società, le idee per etichette ed il senso civico per una scalata di potere”. Si è dimesso, spiega, “perché è l’unico modo per rimanere me stesso. Io federatore? Fatico a pensare che per cambiare le cose bastino i singoli. Per natura tendo più a credere nella forza delle persone che collaborano per un progetto comune. Affidarsi a sedicenti salvatori della Patria non è un buon affare”.