Anche se il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, nelle prossime settimane, sembrerebbe intenzionato ad ufficializzare una causa contro Google, nel suo complesso, per abuso di posizione dominante, la Commissione giustizia del Senato che si occupa di antitrust martedì scorso ha convocato Google per valutare anche in questo caso la possibilità di abuso di posizione dominante, ma solo in relazione all'acquisizione e alla vendita on line della pubblicità.

Da una parte il presidente della commissione, il senatore repubblicano Mike Lee, insieme ad alcuni suoi membri, dall'altra Don Harrison, che dal 2012 ha assunto la direzione dello sviluppo aziendale di Google.

La commissione ha contestato a Google la gestione contemporanea di piattaforme di acquisizione e vendita del proprio inventario senza la necessaria trasparenza nei confronti dei publisher, da cui trarrebbe in tal modo un illecito profitto.

Harrison, da parte sua, ha negato l'accusa di posizione dominante da parte di Google elencando la presenza, nel mercato della pubblicità on line, di aziende concorrenti del calibro di Amazon, Facebook, AT&T, Comcast e altre, che hanno portato ad un abbassamento del costo medio unitario degli annunci, dimenticando però di ricordare le acquisizioni fatte dall'azienda californiana di colossi del settore come DoubleClick e AdMob.

Le preoccupazioni di Lee sono state ribadite anche dai colleghi repubblicani, come il senatore Josh Hawley, e da quelli democratici, come la senatrice Amy Klobuchar e il senatore Richard Blumenthal che ha definito "ingrato" il compito di difendere Google a causa del doppio ruolo di acquirente e venditore nella pubblicità online svolto dall'azienda, definito "inaccettabile" in un mercato veramente libero e in un sistema di libera impresa, auspicando, per tale motivo, che nei confronti di Google siano prese misure per tutelare la concorrenza.

Per la cronaca, da citare il siparietto del senatore Lee che ha accusato Google di aver interrotto la fornitura della pubblicità ad un sito della destra repubblicana, con Harrison che gli ha spiegato che ciò era avvenuto a seguito del fatto che su quel sito erano pubblicati commenti senza filtro con contenuti razzisti, in violazione delle regole di pubblicazione richieste dall'azienda.