C’è qualcosa di profondo, di storico, che lega l’Italia agli Stati Uniti d’America. Un’amicizia vera, forgiata sul campo di battaglia, rinsaldata nelle sfide globali, costruita su valori comuni come la democrazia, la libertà e il rispetto della persona. Questa alleanza, solida e costante, non può e non deve essere letta con lenti ideologiche né piegata a strumentalizzazioni politiche di corto respiro.
Eppure, c’è chi in Italia continua ostinatamente a farlo. Oggi che alla Casa Bianca non c'è un presidente di 'sinistra', la nostra sinistra si straccia le vesti ogni volta che si parla di rapporti positivi con Washington. Per i nostri sinistri, non è accettabile che l’Italia intrattenga buoni rapporti con un’America che non è progressista, che non ricalca la loro narrazione del mondo.
Un paradosso che sconfina nell’ipocrisia: se a Palazzo Chigi ci fossero loro, al posto dell’attuale governo di centrodestra, quegli stessi rapporti diventerebbero improvvisamente "essenziali", "strategici", "storici". Un antiamericanismo di parte, ideologico e fuori dal tempo. Un antiamericanismo che non ha nulla a che fare con la critica ragionata, ma è solo un riflesso ideologico stantio, figlio del terzomondismo da salotto e di questa sinistra radical chic.
L’occasione della Festa dell’Indipendenza americana a Villa Taverna – la prima sotto la guida del nuovo ambasciatore Usa Tilman Fertitta e la prima da premier per Giorgia Meloni – ha ricordato a tutti - tranne cha alla sinistra italiana che ha snobbato l'invito disertando la festa - quanto, invece, sia saldo e vitale il legame tra Roma e Washington. "Parliamo la stessa lingua", ha detto la Presidente del Consiglio. E ha ragione. Non solo una lingua fatta di parole, ma una lingua comune di principi, interessi e visione del mondo libero.
Meloni, nel suo discorso, ha evocato il Risorgimento italiano accostandolo all’epopea del 4 luglio americano. Un parallelo ardito ma efficace: perché anche l’Italia, nella sua migliore tradizione patriottica, è una nazione che sa riconoscere e celebrare i valori di libertà e solidarietà nazionale. Ma soprattutto, sa con chi stare, nei momenti cruciali della storia.
E mentre il centrodestra mostra con coerenza e orgoglio il proprio posizionamento euroatlantico – difendendo l’amicizia con Israele e con gli Stati Uniti – la sinistra si rifugia in una sterile opposizione ideologica, tanto più grottesca quanto più isolata. Perché oggi, davanti alle sfide globali poste da Russia, Cina e fondamentalismo islamico, l’unità dell’Occidente non è un vezzo: è una necessità.
Italia e Stati Uniti sono sorelle, come ha detto la premier. Lo sono state nella guerra al terrorismo, lo sono oggi nella difesa dell’Ucraina, lo saranno domani nelle sfide tecnologiche, energetiche e strategiche del nuovo ordine mondiale.
Chi mette in discussione questo legame, solo perché non ama il colore politico del governo italiano o del presidente americano, mostra solo di non avere alcuna visione del futuro. E forse, nemmeno del presente.