Gli organizzatori della campagna che ha portato alcune delle principali aziende americane ad interrompere la propria pubblicità su Facebook per la scarsa attenzione dimostrata da parte di quel social nel voler agire contro le campagne di odio promosse dai suoi utenti, hanno annunciato di voler estendere la loro battaglia dagli Stati Uniti a livello globale.
Così, "Stop Hate for Profit", questo il nome della campagna, inizierà a chiedere anche alle principali aziende europee di unirsi al boicottaggio, secondo quanto dichiarato alla Reuters da Jim Steyer, amministratore delegato di Common Sense Media, tra gli organizzatori dell'iniziativa.
Finora sono stato 160 le aziende che hanno confermato la loro adesione e che, da luglio, inizieranno ad interrompere le loro campagne pubblicitarie su Facebook e su altri social analoghi, come Instagram e Twitter. Tra queste anche colossi come Verizon, Unilever, Procter & Gamble, Coca Cola...
La campagna contro i messaggi d'odio nasce da un'iniziativa di Free Press e Common Sense, supportata da alcuni gruppi statunitensi per i diritti civili, come Color of Change e Anti-Defamation League, a seguito dell'uccisione di George Floyd avvenuta a Minneapolis.
Se anche nel resto del mondo l'iniziativa incontrerà la stessa accoglienza ricevuta negli Stati Uniti, per Facebook - e non solo - potrebbe avere conseguenze negative sui propri conti.
Annualmente, Facebook genera 70 miliardi di dollari in pubblicità e circa un quarto delle entrate sono generate da grandi aziende, mentre la stragrande maggioranza deriva da piccole imprese.
Stop Hate for Profit ha elencato una serie di richieste ai social network per migliorare le loro politiche in modo da identificare e porre termine a contenuti che istighino l'odio razziale.
Starbucks, domenica, ha dichiarato che per il momento sospenderà la pubblicità su tutte le piattaforme di social media, aggiungendo che è al lavoro con alcune organizzazioni per i diritti civili per fermare la diffusione dei contenuti a sfondo razzista.