L’Italia rimane il Paese dei misteri, delle mezze verità e delle molte menzogne, della giustizia denegata, dell’ingiustizia sociale, del razzismo, di una economia industriale parassitaria e criminale, della più squallida superstizione; dell’arte dell’ipocrisia, della diffamazione e delle false testimonianze usate come armi di annientamento nella politica, nell’informazione, nei tribunali; del ricatto come forma di patteggiamento e di stipula di patti infami tra politici corrotti, criminalità organizzata, massoneria, imprenditoria criminale e fomentatori di guerre; della violenza consumata in forme sempre più legalmente efficaci e distruttive per seminare paura e insicurezza, per dividere e mettere gli uni contro gli altri: una tragica coerenza che ha cancellato in gran parte della collettività la tolleranza, la comprensione, la solidarietà e persino il concetto di coscienza civile.
Secoli di feudalesimo e cattolicesimo hanno lasciato per un lunghissimo periodo un popolo frammentato in un letargico oscurantismo, nell’abbrutimento dello sfruttamento e dell’analfabetismo. La riunificazione territoriale conclusa nel 1870 non le restituì alcuna dignità, rimase isolata e fu definita “un’espressione geografica” e trattata come tale ai tavoli della pace al termine del primo, inutile conflitto mondiale. La nobiltà utilizzò Mussolini per mantenere lo “status quo” e soffocare la voce degli attivisti socialisti, tale esperienza trascinò un popolo contadino in una nuova guerra ingiusta e terribile con conseguenze tragiche il cui conto stiamo continuando a pagare.
Quell’unificazione in realtà non si è mai compiuta infatti a tutt’oggi vi sono spaccature interne insanabili, lo dimostra il fatto che è in atto un processo scismatico tra Nord e Centro-Sud, in particolare al Nord addirittura vi è una spietata concorrenza tra le varie regioni/stato con le loro corti e cortigiani.
Da quell’esperienza il popolo italiano aveva ereditato distruzione, lutti, miseria, disprezzo internazionale e “aderendo” alla NATO di fatto compì un atto di sottomissione agli interessi anglo-franco-americani.
Si può ben dire che l’esercito di liberazione si è comperato il popolo italiano con le caramelle e la cioccolata conoscendo la qualità degli immigrati siciliani e i loro capi mafiosi. Le famiglie, soprattutto del Sud, venivano smembrate da una umiliante e dura emigrazione in Paesi dove nessuno voleva gli italiani e ai quali venivano riservati i lavori più rischiosi e mal pagati poi, al di là di ogni aspettativa, vi fu il riscatto mai tollerato dagli alleati vincitori (e vinti Germania): il boom economico che nei primi anni ’60 ci trasformò in una reale potenza economica industriale guidata con coraggio, creatività e determinazione da un buon figlio di una patria maligna aveva portato l’Italia fuori dalla voragine della miseria e del sottosviluppo in cui era stata abbandonata dai nobili, proprietari terrieri e clero. Enrico Mattei, l’artefice di tale miracolo, veniva vigliaccamente eliminato con una carica esplosiva che faceva disintegrare il suo aereo al momento dell’atterraggio, solo recentemente la magistratura ipotizza che fu piazzata dagli “onnipresenti” servizi segreti (non meglio identificati): quell’eliminazione fu di certo “benedetta” soprattutto dalle “sette sorelle”.
Un’altra “testa di ponte” troncata dagli “alleati” d’oltre oceano fu Adriano Olivetti il fautore di un modello di imprenditoria etica sperimentato con successo e per questo odiato e combattuto dai vertici di Confindustria e dal sistema economico conservatore che, attraverso l’abominio giudico di riconoscere “personalità giuridica” al capitale disumanizzava l’economia, deresponsabilizzava l’imprenditoria sia nei confronti dei propri collaboratori che verso l’ambiente. Il capitale iniziò a pilotare le scelte economiche dei governi asservendo ai propri scopi risorse e patrimonio pubblico compresi i lavoratori che erano passati dal ruolo di “servi della gleba” a “servi del capitale” senza garanzie e diritti: Landini & C. dovrebbero prendere esempio dai primi operai/sindacalisti che hanno subito ogni sorta di persecuzioni per spegnere la loro voce. Olivetti rivoluzionò gli ambienti lavorativi, realizzò asili nido, ambulatori medici e biblioteche per i suoi dipendenti, sviluppò un sistema creditizio etico per sostenere lo sviluppo culturale ed economico delle famiglie disagiate bypassando le banche.
Ma i suoi nemici più pericolosi non si trovavano solo nell’ambiente imprenditoriale italiano ma tra i tessitori della politica estera americana che ha sempre avuto nella sua agenda la tutela degli interessi economici delle multinazionali che non tolleravano alcuna concorrenza in generale e in particolar modo nel campo della nascente informatica infatti l’impresa Olivetti aveva sviluppato e applicato con successo l’informatica ad una nuova generazione di apparecchiature per il calcolo e aveva iniziato a progettare la tecnologia che avrebbe portato alla realizzazione dei primi modelli di computer: Olivetti stava aprendo le porte di un nuovo futuro all’intera umanità. La tecnologia come tutte le innovazioni se usate male producono più danni che benefici purtroppo i risultati sono sotto gli occhi di tutti: internet si è trasformato in uno strumento di potere che può influenzare i comportamenti e i destini di milioni (se non miliardi) di persone in tutto il mondo e l’informatica ha anche permesso di realizzare armi sempre più letali e sofisticate che permetto agli americani di spadroneggiare ovunque vi sia un loro tornaconto.
Oggettivamente come può un singolo individuo poter scegliere liberamente in un contesto politico, economico, sociale e culturale di tale portata? Cosa da senso alla nostra esistenza?
Il campo di battaglia principale è dentro di noi perché il “fuori” è il risultato delle nostre scelte personali. Il reale problema è scegliere di servire gli idoli d gli ideali e chiedersi onestamente quale dei due è per noi così importante da dedicargli ogni energia, pensiero e sentimento, nel quale poniamo le nostre speranze e la nostra fede. Sono le nostre scelte che ci determinano e se tali scelte vengono influenzate dall’esterno non siamo esseri liberi.
Quante storie personali sono state deviate da una famiglia che non ha accettato e ha combattuto il membro che aveva rifiutato il pensiero unico dominante nel nucleo? Talvolta i danni iniziano dalla famiglia e proseguono nel sistema scolastico, nella religione, nella vita sociale e lavorativa.
Come si può difendere e promuovere la propria individualità in una società che vive di aride forme e convenzioni? Bisogna avere chiaro ciò che ci trasmette entusiasmo e non reca danno agli altri, poi bisogna mettere in conto il prezzo che dobbiamo pagare per essere coerenti con la mostra opzione fondamentale e viverla con coraggio e misericordia per sé e per gli altri.
Un personaggio come Nelson Mandela rappresenta un esempio concreto di lotta per la vera libertà. Questo essere umano ha vissuto trent’anni segregato tra quattro mura che racchiudevano pochi metri quadrati di spazio e un campo dove unico “passatempo” era spaccare pietre senza alcuna utilità.
In quell’arco di tempo Mandela ha rivoluzionato tutto il suo essere: la rabbia e la disperazione sono stati trasformati in tolleranza e profondo rispetto per la dignità umana; nell’isolamento e nella sofferenza ha percorso un processo catartico alla fine del quale, una volta libero ed eletto come primo Presidente di colore del Sudafrica ha trasfuso nel nuovo assetto statale la tolleranza e la ricerca della parità di dignità e di diritto di tutti i suoi cittadini riuscendoci anche tra molte difficoltà.
Vivere oltre le apparenze riserva sofferenze e talvolta isolamento per incapacità di essere compresi o perché le nostre scelte ci pongono dal lato opposto delle “barricate della vita”. Gli idoli portano sempre a delle dolorose cadute ma ciò che conta è prendere coscienza che non si può vivere schiavi delle illusioni, trovare il coraggio di rialzarsi e la costanza di lavorare alla creazione di nuovi schemi mentali che ci aprono orizzonti nuovi dove attingere forza e speranza per un mondo rinnovato dove tutti possano convivere senza paura.
Questo è il messaggio di coloro che hanno lavorato e sacrificato la loro vita per difenderci e per permetterci di vivere in una società più giusta e pacifica. Non sono le commemorazioni e gli annessi esercizi di oratoria farciti di false speranze e falsi proponimenti che onorano Falcone e Borsellino ma l’impegno costante ed infaticabile nel rimuovere concretamente gli ostacoli che dividono, esercitare concretamente la tolleranza, difendere il debole, soccorrere che si trova in difficoltà, dividere il pane senza umiliare il bisognoso, vivere una vita semplice e trasparente alla portata delle nostre capacità; pretendere il rispetto dei nostri diritti e attendere ai nostri doveri. Che non sia la paura per le leggi degli uomini a guidare le nostre azioni e le nostre intenzioni ma la luce della verità, della giustizia e del perdono a guidarci con sicurezza e determinazione.
Vivere significa percepire il buio e misurarsi con esso senza paura e senza divenirne complice; fare le nostre scelte con la piena coscienza che quanto stiamo facendo toccherà non solo la nostra vita ma anche quella degli altri.
Vivere significa lottare ogni giorno per ritrovare la luce.