Come previsto, Donald Trump - facendosi scudo di una legge approvata dal Congresso nel 1995 che impone agli Stati Uniti di trasferire la propria ambasciata a Gerusalemme e a cui i suoi predecessori, Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obama avevano sempre negato l'applicazione per evitare ulteriori tensioni in Medio Oriente - nella mattinata di mercoledì, in un discorso tenuto alla Casa Bianca, ha annunciato di aver deciso che era giunta l'ora di riconoscere ufficialmente Gerusalemme come capitale di Israele.

Il trasferimento dell'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme sarà un processo che richiederà molto tempo, forse anni, per quanto riguarda le conseguenze pratiche. Invece, le conseguenze politiche saranno immediate e imprevedibili, perché riguarderanno lo status di Gerusalemme, di cui la parte Est è considerata territorio occupato dal 1967, in base alle convenzioni internazionali.

Oltre al fatto che, anche dal punto di vista religioso, poiché Gerusalemme è sede di siti considerati sacri da musulmani ebrei e cristiani, si creeranno ulteriori e difficoltà anche in relazione al piano di pace.

Ma Trump, sfidando ogni logica, proprio riguardo ad un accordo tra israeliani e palestinesi, ha definito la sua decisione un passo a lungo atteso per portare avanti il processo di pace. Ma non è ben chiaro come.

L'unica spiegazione che si può trovare al momento dietro questa decisione è la necessità da parte del presidente degli Stati Uniti di compiacere i conservatori repubblicani e i cristiani evangelici che costituiscono una parte importante della sua base politica, oltre al fatto che questa scelta possa contribuire, insieme al problema Corea del Nord, come ulteriore elemento di distrazione dell'interesse dell'opinione pubblica dallo scandalo Russiagate, i cui sviluppi cominciano a riguardare anche i suoi attuali collaboratori.

Di seguito la dichiarazione dell'annuncio.