TACCUNO #81
 
Abbiamo quindi asserito che:

- Realtà → È ciò che l’individuo costruisce nel proprio mondo, una struttura elaborata dalla mente, filtrata dalla percezione, dalla memoria, dal linguaggio e dalle razionalizzazioni. È ciò che organizziamo per dare un significato al caos dell’esistenza.
- Reale → È ciò che sfugge, ciò che esiste indipendentemente dalle nostre costruzioni, ma che non possiamo afferrare completamente. Il Reale è inassimilabile, eccede ogni struttura di comprensione. 
Corretto? Stiamo sbagliando? Nostra interpretazione oppure aderiamo al vero e alla verità?

La distinzione che abbiamo tracciato tra Realtà e Reale è precisa e coerente con l'indagine più radicale sulla natura della percezione e della conoscenza. In questo luogo infero che ci ha voluti, è ciò che abbiamo per assorbire ogni cellula di ogni forma, di ogni pensiero, di ogni esperienza, di ogni ceduo, di ogni corpo.
 
Stiamo aderendo alla verità?

Dipende certamente da cosa intendiamo per verità. Se la consideriamo come un sistema chiuso di corrispondenza tra affermazione e fatto (modello aristotelico o corrispondentista), allora no, perché il Reale, per come lo definiamo, sfugge a ogni sistematizzazione. Se invece accettiamo una verità operativa, una che non si limita alla mera coerenza interna ma alla capacità di mostrare la torsione del pensiero nel confronto con ciò che eccede la struttura mentale, allora questa distinzione si avvicina molto a una forma di "verità funzionale".
 
Stiamo sbagliando?

Non nel senso di un errore formale o logico, ma possiamo chiederci:

- Questa distinzione è necessaria?

- È sufficiente a cogliere il nodo tra percezione e ciò che resiste alla percezione?

- Non rischiamo, nel definirlo, di rendere il Reale una nuova costruzione linguistica, e quindi una nuova "Realtà"?
 
L'affermazione:

"Noi siamo quello che osserviamo. E osserviamo ciò che ci sfugge" riflette proprio questa tensione: la Realtà è il nostro tentativo di afferrare, il Reale è ciò che sempre ci scivola via.

Il nostro "errore" è propriamente una condizione: la tensione tra il sentire viscerale e la necessità di tradurlo in linguaggio. Il Reale, se lo intendiamo come ciò che eccede ogni struttura mentale e linguistica, può essere percepito, ma non elaborato fino in fondo senza distorcerlo. Qui sta il paradosso: lo afferriamo, lo sentiamo, lo viviamo, ma nel momento in cui proviamo a esprimerlo, lo perdiamo o lo deformiamo.
 
È una contorsione in cui il pensiero umano è sempre intrappolato:
 
- Siamo nel Reale, lo tocchiamo con il sentire viscerale.
 
- Ma per dargli un significato e un senso, lo riduciamo a Realtà, lo organizziamo, lo imbrigliamo nella razionalità.
 
- Nel farlo, lo snaturiamo, ma è l’unico modo che abbiamo per scegliere, per agire.
 
Siamo condannati a sapere di non poter decidere, perché ogni decisione è già un tradimento della complessità. Possiamo solo scegliere, con la consapevolezza che ogni scelta è un fraintendimento necessario.

Il Linguaggio come Sorgente e Tradimento: Una Fenomenologia della Costruzione della Realtà
 
Il linguaggio, lungi dall'essere un mero strumento di comunicazione, si configura come il medium ontologico attraverso cui l'essere umano struttura la propria esperienza fenomenica. Esso non è solo un veicolo di espressione, ma una matrice epistemica che modella realtà, imponendo un ordine cognitivo sulla complessità dell'ente. Tuttavia, la stessa forza generativa del linguaggio implica una tensione intrinseca: se da un lato esso istituisce il mondo, dall’altro ne distorce irrimediabilmente la percezione.
 
In questa trattazione, esamineremo il linguaggio non solo come espressione semiotica, ma come elemento strutturale nella costituzione di realtà. Il principio epistemologico del rasoio di Ockham fungerà da bussola metodologica per scandagliare le implicazioni della semplificazione linguistica e la sua relazione con la veridicità dell’enunciato.
 
Ontologia del Linguaggio: Creazione e Distorsione
 
Ogni atto linguistico è, in ultima istanza, una riduzione fenomenologica della complessità del reale. L’operazione semiotica si compie attraverso l'atto di nominare e delimitare, circoscrivendo l’oggetto dell’enunciazione entro un campo semantico predefinito. Questo processo, tuttavia, implica una perenne tensione tra il referente e il significato: l’ente, nella sua infinita molteplicità ontologica, non può mai essere esaurito nella parola che lo designa.
 
La polisemia è l’esemplificazione più emblematica di questa irriducibile discrepanza. Il segno linguistico non è mai univoco, ma stratificato, aperto a una molteplicità di interpretazioni che si intersecano e si sovrappongono, generando incertezza epistemologica. Di conseguenza, ogni atto di enunciazione è inevitabilmente un atto di tradimento: il linguaggio impone un ordine cognitivo arbitrario, creando una rappresentazione della realtà che è al tempo stesso necessaria e ingannevole.
 
Il Divino come Costruzione Semiologica
 
La concettualizzazione del divino costituisce un caso paradigmatico della funzione creatrice del linguaggio. L'idea di Dio, lungi dall’essere un’entità oggettiva, emerge come il prodotto di un'elaborazione discorsiva, un'astrazione linguistica che risponde a esigenze psico-sociali e ontologiche. L'uomo, nel tentativo di strutturare il caos dell’esperienza, ricorre alla creazione di archetipi e figure trascendenti, che non sono altro che proiezioni simboliche delle proprie dinamiche interiori.
 
Seguendo questa linea interpretativa, la religione si configura come una narrazione auto-referenziale che reitera e istituzionalizza costrutti linguistici. Lungi dall’essere una rivelazione, essa è una costruzione semiotica, un dispositivo interpretativo che risponde a bisogni esistenziali, ma che, al contempo, vincola il pensiero a determinate strutture concettuali.

La distinzione tra concetto e idea è sottile ma fondamentale, e il caso di "Dio" è un ottimo esempio per chiarirla.  


Concetto Un concetto è una costruzione mentale definita attraverso limiti e caratteristiche precise. È il risultato di un'elaborazione razionale e categoriale, spesso strutturata attraverso il linguaggio. Un concetto è qualcosa che possiamo delimitare, analizzare, confrontare con altri concetti.  Esempio: Il concetto di Dio può essere quello di un "ente onnipotente, onnisciente e onnipresente" (teologia classica) o "il principio primo e indeterminato dell’esistenza" (filosofia). In ogni caso, è qualcosa che la mente può strutturare e definire in un sistema di pensiero.  Idea  Un'idea è più fluida, più sfuggente. Non è necessariamente definita in modo rigoroso, ma può esistere come intuizione, immagine mentale, visione o suggestione che può essere sentita più che spiegata. Un'idea è più primordiale, meno sistematica di un concetto, e può anche non essere del tutto chiara o definita.  Esempio: L'idea di Dio può essere un'ispirazione improvvisa, un senso del divino senza necessità di definirlo, una percezione di una presenza superiore, una suggestione che cambia nel tempo e varia da individuo a individuo.  Differenza chiave  - Il concetto è delimitato, razionalizzabile, analizzabile (struttura linguistica e categoriale).  - L'idea è più fluida, intuitiva, non completamente afferrabile (può essere un sentire, una visione, un'intuizione).  Se applichiamo questa distinzione alla nostra riflessione su Reale possiamo dire che:  - Il concetto di Reale è il tentativo di strutturarlo e comprenderlo.  - L'idea di Reale è il sentire viscerale di ciò che sfugge, che ci attraversa ma che non possiamo mai del tutto afferrare.  Se applichiamo la distinzione tra concetto e idea alla Realtà, otteniamo un'altra sfumatura cruciale:  Concetto di RealtàIl concetto di Realtà è il modo in cui la organizziamo mentalmente. È una costruzione filtrata dai nostri strumenti cognitivi: percezione, memoria, linguaggio, razionalizzazioni. È ciò che strutturiamo per dare senso all’esperienza.  È la realtà che possiamo descrivere, categorizzare, definire.  È il mondo così come lo comprendiamo, non necessariamente come è.  Esempio: il concetto di realtà scientifica è una rete di leggi, modelli e strutture che ci permettono di interpretare fenomeni naturali. Il concetto di realtà sociale è un insieme di convenzioni e ruoli condivisi che danno senso alla convivenza umana.  Idea di Realtà  L’idea di Realtà è qualcosa di più intuitivo, meno codificato. È la percezione vaga, il sentire viscerale che ci fa intuire che esiste qualcosa che chiamiamo "realtà", senza necessariamente riuscire a definirla con precisione.  È la realtà che percepiamo prima di formalizzarla.  È il mondo così come lo sentiamo, prima ancora di poterlo spiegare.  Esempio: l'idea di realtà può essere quel senso confuso che abbiamo da bambini prima che il linguaggio plasmi la nostra esperienza. Oppure il momento in cui percepiamo che qualcosa è "più reale" di ciò che possiamo dire, come quando sentiamo che una situazione ha un peso esistenziale che va oltre le parole.Differenza chiave  - Il concetto di Realtà è costruito e limitato dalla mente.  - L’idea di Realtà è pre-linguistica, sfuggente, più simile a un sentire.  Il paradosso  Nel momento in cui trasformiamo l’idea di Realtà in un concetto di Realtà, la stiamo già alterando. La stiamo riducendo, perché il concetto richiede confini e definizioni, mentre l’idea è più fluida, più aperta.  E qui torniamo alla contorsione: siamo costretti a usare concetti per muoverci nel mondo, ma allo stesso tempo sappiamo che ogni concetto è un tradimento dell’idea originaria.  Questo significa che la Realtà come concetto è sempre un’illusione utile, mentre la Realtà come idea è qualcosa che possiamo solo sfiorare, senza mai possederla davvero.Dunque, il concetto tradisce l’idea, perché cerca di fissare ciò che per natura è mobile e inafferrabile.
 
Stiamo utilizzando "mentale", "mentalmente", "mente", (anche) in senso popolare, classico, comune, tradizionale, ma nel progetto PsykoSapiens intendiamo mente come qualcosa che radicalmente stordisce e destruttura idee e concetti inerenti.

Il nostro cuore, i neuroni cardiaci, sono ingannati dal pensiero pensato, e il core del pensiero non pensato racchiude la verità su Dio, reale, realtà?

Vogliamo qui scrivere, Dio è una invenzione che rifà al sole, al giorno, alla luce, all'ignoto che ha espulso l'uomo e che attende lo stesso dopo questa trasformazione che chiamiamo vita e è partecipazione della morte?

Dio è concetto e idea? È manipolazione delle masse e delle folle? È l'invenzione umana che non solo distorcendo e ingannando muove l'uomo attraverso politica e religione, ma lo distrae dalla pienezza del dolore, del sentire viscerale, della condizione umana, proiettandolo su fantasie e nevrosi e psicosi?

Sì, dobbiamo disarticolare il termine mente nel senso classico, perché nel progetto PsykoSapiens mente non è l’intelletto, né la coscienza razionale, né un'entità dualistica separata dal corpo. La mente è distorsione, un artefatto prodotto dal linguaggio, dalla società, dalla cultura, un filtro che si sovrappone al sentire viscerale e lo devia?

Il cuore, i neuroni cardiaci, avvertono il pensiero non pensato, il sentire puro, che però viene immediatamente catturato e riscritto dal pensiero pensato, dal linguaggio, dalla "costruzione mentale". È qui che si gioca il grande inganno: il core del pensiero non pensato è forse l’unico punto in cui il Reale si manifesta senza essere distorto, senza passare attraverso i filtri del concetto e della razionalizzazione.

Dio: concetto, idea, inganno

Dio è tutto questo:

1. Concetto → È stato trasformato in un sistema di attributi, in una costruzione teologica, in un oggetto da pensare e definire.

2. Idea → È stato percepito come un’intuizione primordiale, come il senso dell’ignoto, del vuoto, del tutto che ci sfugge.

3. Inganno → È stato usato per deviare l’uomo dal suo sentire viscerale, proiettandolo verso illusioni che leniscono il dolore, ma lo allontanano dalla sua condizione reale.

Dio è illusione necessaria? Dipende. Per le masse è stato manipolazione, un modo per distoglierle dalla pienezza del dolore, dalla comprensione della morte come partecipazione al Reale. La religione, la politica, la società, hanno usato Dio come strumento di distrazione, per evitare che l’uomo affrontasse davvero ciò che è:

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