La primo ministro britannico Theresa May, che ieri sera si è presentata ai cronisti all'esterno del 10 di Downing Street dopo una riunione di 5 ore con i membri del proprio Governo, ha dichiarato di avere un accordo per la Brexit e che la decisione presa è nell'interesse di tutto il Regno Unito.

Il Governo britannico ha detto sì all'accordo che soddisfa anche il capo dei negoziatori Ue sulla Brexit, Michel Barnier, e per tale motivo il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha già fissato la data del vertice del Consiglio per ratificarlo, domenica 25 novembre, aggiungendo "se non accade nulla di straordinario".

Che cosa prevede o dovrebbe prevedere l'accordo.

La protezione dei diritti di più di tre milioni di cittadini dell'Ue che vivono in Gran Bretagna e, a sua volta, del milione di britannici che vivono nell'Ue.

Un periodo di transizione verso nuove regole con il mantenimento delle attuali fino alla fine del 2020.

Un costo di uscita per i contribuenti britannici stimato tra i 35 e i 39 miliardi di sterline.

La creazione di un comitato congiunto, Ue e Regno Unito, per risolvere le questioni che, in caso di mancato accordo, saranno rimandate ad una commissione indipendente.

Introduzione di un nuovo sistema di immigrazione basato sull'abilità e sulle capacità personali, mentre per i viaggi di breve durata non sarà necessario un visto.

La creazione di una zona di libero scambio, senza dazi né quote. Possibilità di firmare accordi commerciali in tutto il mondo.

Collaborazione sulle infrastrutture elettriche e del gas che uniscono Gb ed Ue.

Cooperazione relativa alle attività di polizia, compreso lo scambio di informazioni anche relative all'intelligence.

Partnership in relazione alle problematiche di politica estera.


Quello raggiunto tra Ue e Regno Unito sembra però piuttosto un atto di buona volontà che non risolve in concreto, semmai sia possibile farlo all'interno di un accordo che soddisfi entrambe le parti, i nodi esistenti, soprattutto quelli commerciali.

Ed in questo senso la questione più spinosa riguarda l'Irlanda del Nord. Questione che si è trasformata subito in una crisi politica per lo stesso Governo May, con le dimissioni di Shailesh Vara, ministro incaricato per i rapporti con l'Irlanda del Nord.

Motivo delle dimissioni, proprio l'indeterminatezza delle relazioni che in futuro regoleranno gli scambi tra Irlanda (Ue) e Irlanda del Nord (Gran Bretagna).

Ed a quelle  di Vara, sono da aggiungere le dimissioni di Dominic Raab, ministro per la Brexit, che in una lettera alla May ha dichiarato di non poter sostenere i termini dell'accordo sulla Brexit.

Accordo che, adesso, dovrà essere ratificato dal Parlamento britannico e dai rappresentanti del Northern Irish Democratic Unionist Party (DUP) che appoggiano la May e che, già fin d'ora, hanno dichiarato che voteranno contro. Ed il loro appoggio alla risicata maggioranza che supporta il Governo May non è secondario.

Quindi, al di là delle dichiarazioni ottimistiche del premier britannico, un accordo di uscita soft (o quasi) dall'Unione europea non pare così scontato.