«La Segreteria di Stato, sezione per i Rapporti con gli Stati, porge distinti ossequi all'Ecc.ma Ambasciata d'Italia e ha l'onore di fare riferimento al disegno di legge N.2005, recante 'misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere e sulla disabilità', il cui testo è stato già approvato dalla Camera dei Deputati il 4 novembre 2020 ed è attualmente all'esame del Senato della Repubblica»...

Così inizia la nota verbale di due pagine inviata il 17 giugno 2021 dalla segreteria di Stato del Vaticano all'ambasciata italiana presso la Santa Sede, il cui testo integrale è stato diffuso dall'agenzia Ansa.

E come sempre accade nel mondo cattolico, da una parte c'è chi applaude alla nota, dall'altra c'è invece che si dice perplesso, se non completamente riguardo ai contenuti, sicuramente riguardo alla forma.

A tal proposito queste le parole di monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia della vita, rilasciate a La Stampa:

"Quella nota non andava scritta... il ddl Zan non c'entra niente con il concordato, ma comunque il ddl rimane un brutto disegno di legge, scritto male... Ci sono divergenze all'interno della Chiesa, perché è un tema complicato e si discute. Il ddl Zan non riguarda la chiesa, ma la società italiana tutta, e la cultura contro l'omosessualità è larga... ma viva papa Francesco perché il suo messaggio va oltre il pensiero di molti italiani. È un processo importante e non mi fermerei al catechismo. Secondo il catechismo l'omosessualità è sintomo di disordine sessuale, ma Paglia sottolina che “pochi mesi fa il catechismo è stato cambiato sulla pena di morte” e che “la Chiesa è un corpo vivo e va avanti". 

Ancor meno sfumate le parole di Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant'Egidio e presidente della società Dante Alighieri, nonché ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione nel governo Monti, rilasciate in un'intervista a Repubblica:"Avevo visto nei mesi scorsi una linea della Cei molto equilibrata in merito. Presentava giuste preoccupazioni nei confronti di questa legge, ma senza assolutizzazioni e insieme concorde in un impegno contro l'omofobia e ogni discriminazione. Questo passo è una vicenda un po' particolare. Credo che provenga più che altro da ambienti italiani della Segreteria di Stato. I motivi non li conosco fino in fondo. Va però detto che è un passo riservato e che tale probabilmente doveva restare anche nella sua sofisticata diplomazia.In ogni caso è una nota molto rara nelle relazioni fra Santa Sede e governo italiano. In genere si usa il telefono, l'incontro, e non un testo scritto che sembra voler evidenziare ma nessuno può dire che le cose stiano davvero così, che il dialogo è arrivato a un punto morto per cui si vuole fare stato. Per questo sottolineo la particolarità di questo passo. Non credo assolutamente a una seconda stagione del pontificato tipo quella vissuta da Pio IX. La lettera scritta dal cardinale Ladaria ai vescovi americani sul tema dell'eucaristia a Joe Biden era di tutt'altro tenore. Direi piuttosto che Francesco rimane fuori dalle controversie sulle legislazioni nazionali, questo è chiaro. In questo senso mi sembra una linea, quella della Nota, attribuibile alla Segreteria di Stato. Sulle conseguenze di un passo simile è difficile rispondere. Anch'io me lo chiedo. Temo possa rafforzare le voci che sostengono che l'accordo concordatario vada rivisto. Ritengo al contrario che l'accordo vada bene, come si è visto nella crisi delle migrazioni e della pandemia. L'8 per mille, ad esempio, è un eccellente sistema rispetto al modello tedesco perché è un contributo volontario. In ogni caso torno a dire che non ricordo passi analoghi nemmeno al tempo del divorzio sotto Paolo VI, che pure era un tema sentito drammaticamente dalla Chiesa. Ci fu una deplorazione orale del Papa. I rischi di questo linguaggio diplomatico sono anche quelli che la Santa Sede si schieri con una parte del Parlamento. Ci sono sensibilità diverse tra i vescovi che a volte corrono il rischio di esprimersi dando l'impressione di una disunione. In questo senso la Nota secondo alcuni omologherebbe queste voci diverse. Ma io non lo credo. Penso più che altro che la Segreteria di Stato si senta in qualche modo custode del Concordato e anche per questo abbia deciso un intervento. In altri tempi si sarebbero percorse quelle che monsignor Loris Capovilla chiamava le scalette, le passerelle tra le due rive del Tevere in maniera informale... un gesto così divenuto pubblico mette un po' in imbarazzo Draghi nonostante il suo sia un governo amico della Santa Sede. Proverei a gettare molta acqua sul fuoco. E tornerei a cercare intese ragionevoli che evitino le estremizzazioni. Anche perché è il clima generale che fa applicare delle leggi e non solo il dettame delle stesse. E poi favorire un discorso anticoncordatario in questo tempo è anacronistico: durante la pandemia la collaborazione fra Chiesa e Stato è stata molto forte".