Questo giovedì, Papa Francesco, nella Sala Clementina in Vaticano, ha ricevuto i partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, istituita nel 1994 da Giovanni Paolo II per promuovere lo studio e il progresso delle scienze sociali e i cui contenuti dovranno servire alla Chiesa come elementi da impiegare nello sviluppo e nell'applicazione della propria dottrina sociale.
Che cosa ha detto Francesco?
Pur riconoscendo l'importanza dell'identità dei popoli, nel "rispetto del tesoro delle varie espressioni culturali, degli usi e costumi in essi radicati", il Papa ha ricordato anche che "la Chiesa ha ammonito le persone, i popoli e i governi riguardo alle deviazioni di questo attaccamento quando verte in esclusione e odio altrui, quando diventa nazionalismo conflittuale che alza muri, anzi addirittura razzismo o antisemitismo".
Una possibilità quella indicata dal Papa? No, una reale evidenza che si manifesta "un po' dovunque nel mondo", con "correnti aggressive verso gli stranieri, specie gli immigrati" ed un "nazionalismo che tralascia il bene comune".
"È dottrina comune - ha proseguito Francesco - che lo Stato è al servizio della persona e dei raggruppamenti naturali delle persone quali la famiglia, il gruppo culturale, la nazione come espressione della volontà e i costumi profondi di un popolo, il bene comune e la pace. Troppo spesso, tuttavia, gli Stati vengono asserviti agli interessi di un gruppo dominante, per lo più per motivi di profitto economico, che opprime, tra gli altri, le minoranze etniche, linguistiche o religiose che si trovano nel loro territorio".
Come si può valutare tutto ciò? "Il modo in cui una Nazione accoglie i migranti rivela la sua visione della dignità umana e del suo rapporto con l'umanità. Ogni persona umana è membro dell'umanità e ha la stessa dignità. Quando una persona o una famiglia è costretta a lasciare la propria terra va accolta con umanità".
"Il migrante non è una minaccia alla cultura, ai costumi e ai valori della nazione che accoglie. Anche lui ha un dovere, quello di integrarsi nella nazione che lo riceve. Integrare non vuol dire assimilare, ma condividere il genere di vita della sua nuova patria, pur rimanendo sé stesso come persona, portatore di una propria vicenda biografica. In questo modo, il migrante potrà presentarsi ed essere riconosciuto come un'opportunità per arricchire il popolo che lo integra. È compito dell'autorità pubblica proteggere i migranti e regolare con la virtù della prudenza i flussi migratori, come pure promuovere l'accoglienza in modo che le popolazioni locali siano formate e incoraggiate a partecipare consapevolmente al processo integrativo dei migranti che vengono accolti".
Per questo motivo, ha continuato il Papa "uno Stato che suscitasse i sentimenti nazionalistici del proprio popolo contro altre nazioni o gruppi di persone verrebbe meno alla propria missione. Sappiamo dalla storia dove conducono simili deviazioni; penso all'Europa del secolo scorso".
Richiamandosi al principio di solidarietà il papa argentino ha preso ad esempio l'America Latina e Simón Bolivar, che "spinse i leader del suo tempo a forgiare il sogno di una Patria Grande, che sappia e possa accogliere, rispettare, abbracciare e sviluppare la ricchezza di ogni popolo", aggiungendo che "questa visione cooperativa fra le nazioni può muovere la storia rilanciando il multilateralismo, opposto sia alle nuove spinte nazionalistiche, sia a una politica egemonica".
Per governare al meglio i processi della globalizzazione, Francesco ha invitato i presenti alla ricerca di vie che possano superare ciò che divide le nazioni proponendo "nuovi cammini di cooperazione, specialmente riguardo alle nuove sfide del cambiamento climatico e delle nuove schiavitù, come anche a quell'eccelso bene sociale che è la pace", richiamando gli Stati ad una maggiore responsabilità.
"Pur mantenendo le caratteristiche di indipendenza e di sovranità e continuando a perseguire il bene della propria popolazione, oggi - ha concluso Francesco - è compito di qualsiasi nazione partecipare all'edificazione del bene comune dell'umanità, elemento necessario ed essenziale per l'equilibrio mondiale. Tale bene comune universale, a sua volta, deve acquistare una valenza giuridica più accentuata a livello internazionale. Non penso certo a un universalismo o un internazionalismo generico che trascura l'identità dei singoli popoli: questa, infatti, va sempre valorizzata come apporto unico e indispensabile nel disegno armonico più grande".