«Denuncio al mondo e al popolo boliviano che un agente di polizia ha annunciato pubblicamente che gli è stato ordinato di eseguire un mandato di cattura illegale nei miei confronti; contemporaneamente gruppi di violenti hanno preso d'assalto la mia abitazione. Il colpo di Stato distrugge lo Stato di Diritto».


Con questo tweet, Morales ha ufficializzato quanto già traspariva ieri in seguito all'annuncio delle sue dimissioni "consigliato" dal capo dell'esercito boliviano: in Bolivia si è consumato un colpo di Stato.

Sul suo profilo social, Morales ha dichiarato, senza mezzi termini, che la responsabilità del golpe è da attribuire a Mesa e Camacho, che hanno agito con il supporto della polizia.

Con l'aiuto di quelli che lui ha definito "fratelli delle federazioni del Tropico di Cochabamba" per avergli fornito sicurezza e assistenza, Morales si è prima nascosto per poi imbarcarsi su un aereo del governo messicano per fuggire dal Paese, ma non senza dimenticarsi di commentare amaramente quanto gli stava accadendo:

«Per i politici neoliberisti che detengono il potere economico, la polizia e le forze armate reprimono le persone che difendono la democrazia con giustizia, pace ed uguaglianza».


Morales, ex coltivatore di coca, è stato eletto alla presidenza della Bolivia per la prima volta nel 2006 caratterizzando i propri mandati per combattere la povertà e migliorare l'economia del Paese, ma ha poi finito per sfidare i limiti posti dalla Costituzione per candidarsi per un quarto mandato alle elezioni dello scorso ottobre in cui, tra l'altro, vi sono state palesi irregolarità riscontrate dall'OAS.

Il ministro degli Esteri messicano, Marcelo Ebrard, ha poi confermato che Morales era salito a bordo di un aereo del governo messicano, aggiungendo, in una conferenza stampa, che il Messico aveva concesso asilo polito a Evo Morales, definendo come un "colpo di Stato" gli accadimenti in Bolivia.

Nel frattempo, il capo delle forze armate della Bolivia ha ordinato alle proprie truppe di appoggiare la polizia che si è scontrata con i sostenitori di Morales.


Che cosa accadrà adesso?

Nelle ore precedenti si sono dimessi il vicepresidente Álvaro García, il leader del Senato Adriana Salvatierra e il leader della Camera Victor Borda, lasciando di fatto il Paese senza una guida politica.

Il vice capo del Senato, Jeanine Áñez, ha dichiarato che avrebbe assunto il potere come leader ad interim fino a quando non si sarebbero tenute le elezioni. Difficile però che questo possa accadere, dato che Morales, il cui partito controlla Camera e Senato, ha detto che lunedì avrebbe convocato l'assemblea legislativa per farsi confermare presidente ad interim.

Secondo la costituzione boliviana, chiunque subentri come presidente ad interim ha 90 giorni di tempo per convocare nuove elezioni.


Le reazioni internazionali alle dimissioni di Morales e alla fuga a cui è stato costretto sono state contrastanti.

Lunedì il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha parlato di "un momento significativo per la democrazia nell'emisfero occidentale". Sulla stessa linea il presidente brasiliano Bolsonaro.

Il ministero degli Esteri russo ha affermato che "un'ondata di violenza scatenata dall'opposizione" non ha permesso di completare il "mandato presidenziale di Evo Morales".

Il presidente cubano, Miguel Díaz Canel, ha dichiarato che quanto accaduto è stato "un colpo di Stato violento e codardo contro la democrazia in Bolivia da parte della destra".

Anche altri Paesi socialisti come Nicaragua e Venezuela hanno espresso solidarietà a Morales, mentre la Spagna si è limitata ad esprimere preoccupazione per il ruolo dell'esercito boliviano avuto nella vicenda, affermando che "questo intervento ci riporta a momenti della storia passata dell'America Latina".