Economia

Ponte sullo Stretto. Affarucci in famiglia (parte 2)

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Per continuare il nostro discorso sul leggendario ponte occorre avere un’idea della struttura che si vorrebbe realizzare. Dopo 32 anni di studi la società Stretto di Messina decide per un ponte sospeso a campata unica della lunghezza di 3.300 metri e una lunghezza complessiva di 3.666 metri con un impalcato largo 60,4 m., le torri di ancoraggio dovrebbero avere un’altezza di 399 m., l’impalcato è sorretto da 4 cavi di sospensione del diametro di 1.24 m. e della lunghezza di 5.300 m. e un’orditura di 44.352 fili di acciaio per cavo.

Tale soluzione progettuale permette un’altezza navigabile del canale di 76 m. (65.41 m. franco minimo navigabile) e una larghezza navigabile centrale di 600 m., 50 m. di larghezza e 1.000 m. di lunghezza per ciascuno dei canali navigabili laterali.

La struttura dovrebbe resistere ad un sisma di magnitudo 7.1 della scala Richter, avere una stabilità teorica ad un vento di 216 Km/h con un’apertura di 24/24 ore per tutto l’anno. I lavori per la costruzione del ponte comprendevano i collegamenti con le strutture viarie preesistenti: l’autostrada Salerno-Reggio Calabria; la Messina-Catania, la Messina-Palermo e le ferrovie Tirrenica Meridionale e quelle per Palermo e per Catania.

La struttura viaria dovrebbe accogliere 6 corsie autostradali (3 corsie per senso di marcia – veloce, normale, emergenza), 2 corsie stradali di servizio; 2 binari per il traffico ferroviario compresa l’AV passeggeri e merci e due marciapiedi ferroviari per un traffico di 6000 veicoli per ora e 200 treni al giorno. L’utilizzo del ponte porterebbe ad un risparmio di tempo di 2 ore per i treni e 1 ora per il traffico su gomma (media presunta).

Se fosse stato realizzato avrebbe battuto una serie di primati: l’altezza dei piloni del viadotto di Millau in Francia; di luce libera del ponte sospeso a tre luci giapponese di Akashi-Kaikyo (piloni alti m. 283, lunghezza totale del ponte 3.911 m., campata centrale lunga m. 1.991): è questo ponte che ha fornito un termine di comparazione per valutare problematiche tecniche e calcolo dei rischi di un progetto così “estremo” e audace come quello sullo stretto di Messina. Voler battere questi record è estremamente pericoloso, costosissimo e soprattutto superfluo.

Il governo Berlusconi nel maggio 2008 chiedeva i contributi alla Comunità europea, nei primi giorni di ottobre dello stesso anno la UE rifiutava i finanziamenti giustificandosi educatamente che l’opera non era di primaria importanza; il 27 ottobre Montecitorio saggiamente votava contro il progetto e bloccava i finanziamenti, il giorno successivo due ministri pubblicamente dichiaravano che il progetto del ponte si sarebbe realizzato, pochi giorni più tardi lo stesso governo ribadiva pubblicamente che l’opera si sarebbe realizzata. Nel precedente articolo ho riportato i particolari di quella strana sceneggiata. Questo è un esempio di elemosina fatta al sud, versare nelle casse delle inprese del nord denaro a fondo perduto per un'opera che non verrà mai realizzata perchè temeraria ed inutile: questo significa impoverire lo Stato, lasciare il sud nel sottosviluppo economico e ai parassiti del nord lucrarci alla grande.

Il contratto d’appalto risalente al 2005 prevedeva il diritto di recesso senza penali da parte della società Stretto di Messina S.p.a. nel caso che il progetto definitivo e quello esecutivo risultassero sostanzialmente diversi rispetto all’offerta presentata (3,88 miliardi di euro).

Nel caso in cui il governo, una volta iniziati i lavori e aperti i cantieri avesse voluto recedere, questo avrebbe comportato il pagamento di una penale del 10% sulla parte del progetto non ancora realizzata, non superiore ai 4/5 del valore del contratto di 3,9 miliardi di euro e pertanto non superiore ai 312 milioni di euro.

Il 16 novembre 2011 subentrava il governo Monti, nella legge di stabilità del 10 ottobre 2012 vennero stanziati 300 milioni per pagare le penali e abbandonare definitivamente la costruzione del ponte. In conformità alla legge 221/12, il 1° marzo del 2013 il contratto di appalto è decaduto.

Vediamo questa soap opera quanto è costata a noi cittadini inermi. Nella mia ricerca ho potuto rendermi conto che ottenere la cifra esatta è un problema comunque utilizzando la fonte della Corte dei Conti, dal 1981 al 2013 anno in cui venne posta in liquidazione la società Stretto di Messina S.p.a. che ha gestito la progettazione, l’analisi dei costi, l’impatto ambientale e la gara d’appalto la cifra si aggira intorno ai 958,292 milioni di euro.

Suddividendo in periodi la spesa abbiamo:

1981/2001  74,443 milioni di euro Studi di fattibilità, ricerca progetto di massima.
2002/2003  91,246 milioni di euro Progetto preliminare, atti di convenzione.
2004/2006  146,999 milioni di euro Gara di appalto,  piano finanziario, sistemi informativi gestionali.
2007/2008  160,612 milioni di euro Nessuna attività.
2008/2009  172,637 milioni di euro Attività varie: accordi con i contraenti, aggiornamenti delle convenzioni e piano finanziario.
2010/2013  312,355 milioni di euro  Stesura progetto definitivo monitoraggio ambientale, aggiornamento piano finanziario, stipula atto aggiuntivo.


A causa della mancata stipula dell'atto aggiuntivo richiesto dal governo tra la Stretto di Messina S.p.a. e la Eurolink  entro il 1° marzo 2013 avvenne lo scioglimento di tutti i rapporti di concessione, le convenzioni ed ogni altro rapporto contrattuale stipulato e con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri il 15 aprile 2013 la Stretto di Messina fu posta in liquidazione: da tale data il progetto è decaduto! Come mai se ne continua a parlare?

Aspettate un attimo perché la storia continua (comprese le spese).

2014/2015 2 milioni di euro Spese non classificate.
2016/2017 1,4 milioni di euro Spese eventuali.


Dal 2017 in poi non vi sono altri dati finanziari in merito alla situazione, gli avvocati della Eurolink festeggiano a caviale e champagne per la causa intentata alla società Stretto di Messina (cioè a noi cittadini) con una richiesta di risarcimento danni pari a 700 milioni di euro contravvenendo alle condizioni di recesso del contratto d’appalto del 2005. Il costo dell’appalto da 3,88 miliardi è “schizzato” a più di 9 miliardi di euro.

Scusate tanto ma per risparmiare un’ora di treno e 2 ore di automobile non vi sembra una pazzia? Meno male che l’attuale governo ha dichiarato che non aveva tempo sufficiente per presentare il progetto alla commissione europea per finanziarlo con il Recovery Fund (visto che la UE glielo aveva bocciato nel 2008). Tra due secoli staranno ancora lavorando su di un progetto decaduto nel 2013 e le future generazioni a continuare a pagarlo maledicendo gli antenati (noi) che li hanno ridotti schiavi del debito pubblico.

La Confindustria dovrebbe vergognarsi, questo è peggio di un sussidio!

Autore Lucia Pomponi
Categoria Economia
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