Il Recovery Fund ha rimesso in discussione il progetto del ponte sullo stretto di Messina. La storia di quest’opera è lunghissima, dall’unità d’Italia ai giorni nostri, circa un secolo e mezzo. Nel 1968 con la Legge 384 veniva affidato l’incarico all’ANAS, alle Ferrovie dello Stato e al CNR di verificare il grado di fattibilità dell’opera. Nel 1969 il Ministero dei Lavori Pubblici con D.M. 134 bandì il “Concorso internazionale di idee” per un progetto di un attraversamento stradale e ferroviario dello stretto. Al bando parteciparono molti studi professionali: 143 progetti furono elaborati da gruppi internazionali con una preminente partecipazione di progettisti italiani, 8 americani, 3 inglesi, 3 francesi, 1 tedesco, 1 svedese, 1 argentino e 1 somalo: furono stanziati 3 miliardi e 200 milioni per gli studi preliminari per realizzare un viadotto con 2 binari ferroviari e 6 corsie autostradali in base alla normativa dell’epoca. I progetti furono valutati da un’apposita commissione nominata dal Ministero dei Lavori Pubblici e dal Ministero del Tesoro, presieduta dal direttore generale dell’ANAS e dal direttore generale delle Ferrovie dello Stato, era composta da 22 membri tra i quali tre stranieri di fama internazionale. Nella commissione erano presenti una serie di esperti di chiara fama tra i quali vi era un sismologo, un oceanografo, un geologo e tra gli ingegneri figurava Riccardo Morandi il costruttore del ponte di Genova: 6 progetti si aggiudicarono ex equo il primo posto e 6 il secondo.

I primi 6 progetti presentarono queste soluzioni tecniche: un tunnel a mezz’acqua ancorato sul fondale con cavi in acciaio; un ponte strallato a tre campate; un ponte in sospeso a campata unica; un ponte sospeso a tre campate; un ponte sospeso a quattro campate; un ponte sospeso a cinque campate.

Nei 6 secondi progetti venivano considerati un ponte sospeso a campata unica, a tre e a quattro campate; uno prevedeva un tunnel incassato in diga sottomarina; un altro prevedeva una galleria sottomarina.

Negli altri progetti erano contenute idee e risoluzioni tecniche estremamente interessanti, il concorso fornì molto materiale tecnico originale: l’IRI era favorevole al ponte aereo a campata unica invece l’ENI considerava il ponte di Archimede – proposto dallo studio Alan Grant - una soluzione molto più economica e ad impatto ambientale praticamente zero. Il ponte di Archimede era un progetto inglese, prevedeva la costruzione della struttura completamente immersa a 20 metri dalla superficie sostenuta per la maggior parte dalla spinta di Archimede, avrebbe avuto un minor impatto prodotto dagli agenti naturali come i venti, le onde, i maremoti e le correnti molto forti in quel tratto di mare.

Con la legge n. 1158 del 17 dicembre 1971 il governo Colombo autorizzò la creazione di una società di diritto privato a capitale pubblico affidando al Gruppo Ponte di Messina S.p.a. la concessione per la progettazione, la realizzazione e la gestione del viadotto. Nel 1978 la società presenterà un progetto a campata unica lunga 3300 m. che verrà acquisito dalla Stretto di Messina S.p.a. costituita con legge ad hoc nel 1981 a cui concorrevano finanziariamente l’Italstat e l’IRI con il 51% e Ferrovie dello Stato, ANAS, Regione Sicilia e Regione Calabria con quote uguali pari al 12,25% ciascuna.

La Stretto di Messina S.p.a. divenuta concessionaria unica senza gara d’appalto grazie alla legge varata nel 1981, iniziò a conferire incarichi professionali tra i suoi dipendenti e professionisti di fiducia, nel 1982 il Gruppo Lambertini che aveva vinto ex aequo il concorso nel 1969 presentò il suo progetto modificato. Tra annunci e silenzi si arriva al 1986, vengono presentate tre soluzioni: ponte aereo, sotterraneo, in mare, alla fine l’Italstat e l’IRI delibereranno per un ponte aereo a luce unica di 3.300 m. perché ritenuto economicamente più conveniente e tecnicamente realizzabile. Allora a capo dell’IRI vi era Romano Prodi che dichiarò l’opera prioritaria e che i lavori sarebbero terminati nel 1996. Gli altri due enti consorziati FS e ANAS si allinearono con una delibera. Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici deliberò il progetto nel 1986 senza dar corso alla costruzione. Nel 1992 fu presentato un progetto preliminare, migliorato rispetto a quello risalente al 1986 completo di relazioni tecniche, previsioni di spesa, tempi di esecuzione e la valutazione d’impatto ambientale. Il progetto fu approvato ancora una volta nel 1997.

Nel 2001 durante la campagna elettorale il ponte fu rispolverato da Berlusconi e Rutelli. Nel 2003 il progetto fu di nuovo modificato nel 2005 fu indetta una gara d’appalto per la realizzazione dell’opera, vinse l’Associazione Temporanea di Imprese Eurolink  S.C.p.a. leader del gruppo è la Impregilo S.p.a. con un’offerta di 3,88 miliardi di euro. Il contratto per la progettazione finale e la realizzazione del ponte fu firmato il 27 marzo 2006; nel 2007 il secondo governo Prodi decideva di ritirare l’appalto e annullare il contratto con la Impregilo vincolandosi al pagamento di una penale di 500 milioni di euro ma i ministri Bianchi (trasporti) e Di Pietro (infrastrutture) si opposero insieme al centrodestra, accorparono la Società Stretto di Messina S.p.a. all’ANAS, riducendo il personale. Chiudendo la Società Stretto di Messina si evitava il pagamento delle penali alle società appaltanti per la mancata esecuzione dei lavori inoltre venivano salvati decenni di studi, progetti e i contratti d’appalto.

Nel 2008 succedeva a Prodi il quarto governo Berlusconi che manifestava l’intenzione di riattivare le procedure per la costruzione del ponte. Nel 2009 il governo riconfermava la volontà di realizzare l’opera che veniva programmata per l’inizio del 2010 e la sua conclusione era prevista nel 2016 circa 5/6 anni prima del completamento dell’Asse ferroviario 1 – della rete ferroviaria trans-europea TEN-T  che doveva completarsi nel 2020, in tale contesto il ponte diveniva un elemento imprescindibile insieme al TAV e alla rete AV-AC italiana di cui rimangono da completare le linee Verona-Brennero e l’asse ferroviario Salerno-Palermo (progetto in via di completamento).

Il 2 ottobre 2009 la Stretto di Messina S.p.a. autorizzava l’inizio dell’attività di progettazione definitiva ed esecutiva. Tali lavori consistevano nel deviare la tratta ferroviaria tirrenica in corrispondenza a Cannitello per evitare interferenze con il futuro cantiere della torre del ponte con gli stessi lavori sulla costa siciliana che sarebbero dovuti iniziere nei mesi successivi.

Il 20 dicembre 2010 il contraente generale consegnava il progetto definitivo elaborato da società partner straniere di ingegneria specializzate nel settore della costruzione di grandi ponti a livello mondiale consistente in più di 8000 elaborati progettuali comprensivi degli oltre 40 Km di raccordi stradali e ferroviari, il piano finanziario aggiornato da presentare al CIPE per l’autorizzazione finale, tutte le impostazioni tecniche e i costi di costruzione del progetto preliminare redatto dalla Società Stretto  di Messina  e la relazione antisismica delle opere a terra in base alle nuove norme introdotte successivamente alla progettazione preliminare.

Il 1° febbraio 2011 il ministro per le Infrastrutture e Trasporti Matteoli presentava il progetto definitivo all’assemblea annuale degli imprenditori dei settori dei trasporti.

Nell’ottobre del 2011 la UE escludeva il progetto del ponte dai finanziamenti della comunità considerandolo non essenziale per cui si doveva attingere a finanziamenti privati nelle modalità previste nel progetto definitivo.

A questo punto la vicenda si tinge di mistero: il 27 ottobre 2011 la Camera dei deputati approvava la mozione dell’Italia dei valori con la quale il governo si impegnava testualmente: “alla soppressione dei finanziamenti per la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina” con 284 voti favorevoli, 1 contrario e l’astensione della maggioranza del PDL –  votavano a favore il segretario responsabile Misiti (Berlusconiano), il coordinatore del partito FI Denis Verdini, i ministri Maria Stella Gelmini e Michela Vittoria Brambilla, i sottosegretari Laura Ravetto, Stefano Saglia e Guido Crosetto. Ma il giorno successivo la maggioranza ribadiva che il ponte si sarebbe realizzato, i primi due rappresentanti che fecero tali dichiarazioni furono il Presidente della Regione Sicilia e il ministro della Difesa La Russa immediatamente seguiva una nota ufficiale del governo che confermava tali dichiarazioni e aggiungeva: “l’opera è solo in parte finanziata dall’intervento pubblico. L’onere complessivo dell’infrastruttura prevede anche la partecipazione del capitale privato, l’utilizzo di fondi strutturali e di altre fonti”. L’abbandono era dovuto alla mancanza di fondi visto che la UE aveva rifiutato il finanziamento.

Al governo Berlusconi il 16 novembre 2011 gli succedeva il governo Monti.

Il 17 aprile 2012 veniva completata la prima opera preliminare alla costruzione del ponte che consisteva nella variante della linea ferroviaria Cannitello- Villa San Giovanni.

Il 30 settembre il ministro dell’Ambiente Clini dichiarava: “Non esiste l’intenzione di riaprire le procedure per il ponte sullo stretto di Messina, anzi al contrario, il governo vuole chiudere il prima possibile le procedure aperte anni fa dai precedenti governi e, per farlo deve seguire l’iter di legge”.

IL 10 ottobre 2012 il governo Monti stanziava 300 milioni di euro per il pagamento delle penali per la mancata realizzazione dell’opera.

Il 31 ottobre lo stesso governo deliberava di prorogare per circa due anni i termini per l’approvazione del progetto definitivo per verificare la fattibilità tecnica e la sussistenza dei finanziamenti.

Il 3 novembre 2012 il fondo sovrano di Pechino da la disponibilità a finanziare la costruzione del ponte. Il governo in carica emana la legge 221/12 con la quale viene disposto che la Stretto di Messina S.p.a. e il general contractor Eurolink debbano integrare il contratto con un atto che tenga conto della situazione finanziaria italiana entro il 1° marzo 2013 pena il decadimento dell’intero rapporto contrattuale (concessione e altro tipo di rapporto contrattuale): l’accordo non verrà firmato e il governo con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri il 15 aprile 2013 la pone in liquidazione e l’affida ad un commissario liquidatore. La società Stretto di Messina doveva liquidare alla Eurolink 45 milioni di euro per le prestazioni fornite fino alla chiusura del rapporto contrattuale comprensiva di una penale del 10% per la mancata realizzazione dell’opera.

Il 27 settembre 2016 Renzi rilancia il progetto del ponte.

Il governo Conte, chiamato in causa nel 2020, rimane sul vago. Oggi vi è il Recovery Fund da sfruttare e il ponte è rispuntato, non considerando che comunque la Comunità Europea aveva già dato parere sfavorevole per i finanziamenti.

Occorre sottolineare che le relazioni definitive sul grado di fattibilità e sicurezza del ponte sono state elaborate da docenti italiani e che in base a tali elaborati l’ANAS, Le FS, il Consiglio dei Lavori Pubblici e il CIPE hanno dato parere favorevole.

L’Eurolink, dal 2005 general contractor, invece ha affidato la responsabilità della progettazione definitiva ed esecutiva dell’opera a ditte estere dotate di una lunga esperienza nel campo dei ponti sospesi.

La progettazione delle strutture alla COW A/S  (Danimarca); la progettazione e design alla DISSING+ WEITLING (Danimarca); la progettazione delle strutture alla BUCKLAND & TAYLOR Ltd. (Canada) e la Sund & Baelt (Danimarca); l’attività di controllo, di verifica della progettazione definitiva, esecutiva e della realizzazione alla PARSON TRANSPORTATION GROUP (U.S.A.), il progetto commissionato dalla Stretto di Messina S.p.a. appartiene all’ingegnere americano William Brown deceduto nel 2005: come mai l’Impregilo capo cordata dell’Eurolink delega a una serie di società estere tutta la realizzazione dell’opera, dalla progettazione e all’esecuzione?

Per poter accedere a una gara d’appalto o a una selezione per ottenere un appalto senza gara di tale portata occorre disporre di uomini (progettisti, tecnici, ingegneri, ecc. ecc.) e mezzi sufficienti, il ruolo che rivestono nella vicenda i vari soggetti pubblici e privati italiani dimostrano il contrario.  

Creano posti di lavoro? Renzi ne spacciava addirittura 100.000. Il ponte è sicuro? Che costi ha realmente avuto finora tale avventura per i contribuenti italiani? Lo vedremo prossimamente.

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