Arrivavo fresco e riposato. Un viaggio rilassante, coccolato dal personale di servizio, che mi permetteva di raccogliere le idee e mettere a punto il mio incontro di lavoro. Dopo una comoda dormita e la colazione servita in cabina “excelsior”, insieme al giornale fresco di stampa, facevo una doccia calda nel bagno annesso e già eravamo in stazione. Lasciavo così la mia singola per riprenderla talvolta la sera al rientro a casa.
Quando potevo prendevo sempre il treno notte “comfort” della famosa Compagnia dei Wagon Lits. L’aereo, invece, il meno possibile per via di un fastidioso acufene che mi tortura per giorni ad ogni sbalzo di pressione atmosferica. Ma non mi lamento, anche perché non ho mai amato la frenesia dello sbattimento tipica degli yuppies anni ‘80, che la mattina sono a Milano, il pomeriggio a Londra e la sera a Saint Moritz.
Però una cabina Excelsior non costa poco. Ci si prendono almeno tre voli; e anche a voler considerare una prima classe siamo sempre altini. La comodità flemmatica è un lusso che non tutti i lavoratori – yuppies o meno – si possono permettere. Ma vi prego anche di non fraintendermi: non sto celebrando la mia vanità, per occorrenze tra l’altro episodiche.
Mi chiedo, invece, chi ha inventato la “first class” nella vita di tutti i giorni?
Si sa che certi privilegi arrivino dalla casta – come ad esempio quella politica – ma per il resto provengono dal denaro. Grazie a quest’ultimo possiamo evitare i ronzii degli acufeni che magari metterebbero in crisi una giornata di lavoro proficuo, e ci si può anche permettere una calma preparazione. Ma perché solo a chi ha più denaro? In tal modo si innesca un circolo vizioso: più hai, più riesci a ottenere grazie (anche) alle comodità che puoi sfruttare. Perché comodità è anche serenità.
Questo, anzitutto, collide con la fisica elementare, poiché maggiore è il lavoro eseguito da un corpo e maggiore saranno le forze di attrito che vi si opporranno per rallentarlo. Nel nostro caso il denaro fungerebbe come una sorta di lubrificante che neutralizza ogni attrito e permette l’accelerazione tachionico-infinita, in barba anche alla relatività ristretta e con potenzialità da moto perpetuo. Ma a parte la fisica è chiaro a tutti che non ha nessun senso differenziare le persone, a parità di lavoro svolto, l’una a sopportare stress e limitazioni, e l’altra a poter svolgere quel lavoro con tutte, o maggiori, comodità. Perché non è solo un controsenso alla fisica, ma soprattutto al “fisico” umano e al suo banalissimo raziocinio! Se poi si pensasse anche al diverso profilo psicologico di ciascuno, che ostacola o accelera la crescita professionale proprio sulla base della “serenità” del lavoratore, non staremmo neanche a discutere di tale ovvietà.
Significa che tutti dobbiamo poterci permettere le comodità a prescindere dal denaro? Beh, vediamo prima cosa sono queste comodità e lussi.
Per esempio, nel caso di quella cabina “top” di cui vi parlavo poc’anzi, a parte gli allestimenti che si ammortizzano molto velocemente possiamo dire che c’è maggior costo di manutenzione, personale e spazio. Quindi il maggior costo è senz’altro giustificato; sarà indubbiamente molto meno di quello di vendita perché c’è sempre quella componente di tassa “lusso” che non ha senso, non è un costo, ma è solo un modo per giustificare l’extra profitto. Ma non stiamo a spaccare il capello in quattro.
Questi maggiori costi si potrebbero comunque gestire meglio, diciamo più “democraticamente”. Un po’ come le “multe in base al reddito” che in effetti esistono in vari paese europei e di cui si sta parlando in questi giorni anche da noi. Chi ci vieta di pensare a una “spesa in base al reddito”? Qualcuno direbbe: quel famoso art. 41 della Costituzione, secondo il quale «L’iniziativa economica e libera», e quindi occorre tener distinta l’iniziativa pubblica – che presuppone sempre un servizio – da quella privata – orientata esclusivamente al profitto. Vero. Ma quell’articolo prosegue dicendo anche che l’iniziativa non deve contrastare l’utilità sociale, la dignità umana, la libertà, e altre cose interessanti. Non deve essere, insomma, speculativa.
Poi non è che la Costituzione deve citarsi solo quando conviene. Abbiamo visto cosa sta succedendo ai diritti fondamentali dei lavoratori, quindi mettiamola per un attimo da parte e – almeno per ora – usiamo solo il buon senso.
Si può fare! Anche perché al privato non costerebbe nulla emettere un ticket in base al reddito piuttosto che in base al portafogli. Nulla gli viene tolto e ci guadagna lo stesso. Assolta anche ogni esigenza di privacy nei moderni sistemi digitali: non è certo necessario riportare il prezzo pagato, ma il diritto a comprare o usare qualcosa, e il gioco sarebbe fatto. Per caso nella sanità pubblica non si accede più o meno così? Magari c’è ancora qualche problema di privacy, quando sulla ricetta ci mettono “esente per reddito”, ma si sa che chi ha di più paga di più, e viceversa. E al netto anche della sanità privata che a coloro che hanno di meno rimane inaccessibile. Ma dovrebbe essere chiaro il discorso che sto facendo. Giusto?
Qualcun altro dirà: «Ma pagando beni e servizi in base al reddito, per fare in modo che tutti possano accedervi, che senso avrebbe guadagnare di più? O diventare ricchi?».
Nessuno, naturalmente. Oltre una certa soglia di soddisfazione delle comodità personali, con un certo grado di soggettività, il superfluo è completamente insensato. Una frase rivelatrice attribuita al sociologo brasiliano Emir Sader recita (traduzione): «Se una scimmia accumulasse più banane di quante ne può mangiare, mentre la maggioranza delle altre scimmie muore di fame, gli scienziati studierebbero quella scimmia per scoprire cosa le stia succedendo. Quando a farlo sono gli umani, li mettiamo sulla copertina di Forbes».
Ad ogni modo il denaro in più (come adesso) rimarrebbe un benefit notevole. Magari ci si possono permettere flotte di auto, collezione di gioielli, hobby costosissimi, 7 piscine, 15 case, ville con 40 stanze, jet privati, e via discorrendo. Con preoccupazioni proporzionali a questa insensata abbondanza che non sarà mai possibile godere, per quando si voglia estendere la soggettività del termine “comodità”. Noi qui volevamo parlare solo della ragionevole comodità, affinché tutti si possa viaggiare sempre nella prima classe della vita, accedere a servizi di massima qualità, e quant’altro di “normale” può venire in mente.
Il bello è che si potrebbe fare senza troppe difficoltà, e soprattutto senza che nessuno ci rimetta nulla (o è talmente poco). Non più come ieri, nelle cuccette promiscue di seconda classe e le valige di cartone, chi oggi arranca nel viaggio della vita può avere maggior dignità e agiatezza dovuta al semplice fatto di essere un essere umano! Il “pagare in base al reddito” non è nemmeno l’unica alternativa. Forse è la più semplice, ma per l’equità da prima classe esistono decine di soluzioni di cui sicuramente capiterà di parlare ancora.
Base foto: annca da pixabay