Quali possono essere le riforme giudiziarie gradite ad un sovranista come Matteo Salvini? Ma quelle del tipo che la Polonia vuol far approvare e che consentirebbero ai giudici di essere licenziati nel caso in cui finissero per mettere in discussione le riforme del governo in materia di giustizia.
In base alle nuove norme che i deputati del PiS (Diritto e Giustizia), il partito che in Polonia ha la maggioranza in Parlamento, inizieranno a discutere dal prossimo giovedì, i giudici possono essere puniti per essersi impegnati in "attività politiche" e qualsiasi giudice che mettesse in dubbio la legittimità dei giudici nominati dal Consiglio Nazionale della Magistratura potrebbe essere punito con un'ammenda o, in alcuni casi, persino licenziato.
In Polonia, i giudici sono nominati dal locale CSM che si chiama Consiglio Nazionale della Magistratura, un organo che dovrebbe salvaguardare l'indipendenza dei magistrati e che fino a poco tempo fa era costituito da una maggioranza di giudici selezionati tra i loro pari.
Nel 2018, però, il PiS ha cambiato le regole per le nomine, in modo che da quella data la maggioranza dei giudici presenti nel "CSM polacco" venga nominato dalla Camera bassa del Parlamento che, guarda caso, è controllata da Diritto e Giustizia (PiS).
In merito a questa norma approvata in passato, la Polonia era già stata deferita alla Corte di giustizia europea.
In relazione alle nuove norme che il Parlamento polacco vuole iniziare a discutere da questa settimana, la Corte Suprema polacca ha dichiarato che, nel caso venissero approvate, sarebbero di nuovo in palese violazione dei trattati europei già sottoscritti. E questo ha due possibili significati che però porterebbero ad unica conseguenza: o la Polonia ha deciso di uscire dall'Unione europea oppure sarà la stessa Unione europea a cacciare la Polonia.
Nonostante un tale "esempio di democrazia" e di separazione dei poteri, i sovranisti italiani alla Salvini e alla Meloni indicano le politiche di Ungheria e Polonia, nazioni appartenenti al gruppo di Visegrad, come riferimenti a cui l'Italia deve tendere.
E, naturalmente, guai a chiamarli fascisti!