“Finché una tessera di partito conterà più dello Stato, non riusciremo mai a battere la mafia”.

Tra le sue riflessioni questa fu la frase che mi ha colpito maggiormente. È una analisi della realtà dirompente perché con grandissimo anticipo (40 anni) fotografa i rapporti tra mafia e politica. Le nuove mafie oggi sono ovunque realizzano grossi investimenti in ogni campo dove sia possibile lucrare.

“Credo – ha dichiarato Musacchio – sia giusto che i ragazzi sappiano quello che è successo negli anni ottanta e incomincino a riflettere su temi che direttamente o indirettamente nel loro futuro li riguarderanno”.

Quello fu un periodo orrendo della storia d’Italia per cui va sempre ricordato e deve essere l’occasione per riaffermare ancora una volta e con convinzione i valori delle legalità, dell’onestà e del senso del dovere che erano propri del Dalla Chiesa servitore dello Stato.

Il suo ricordo, e di quanti hanno sacrificato la propria vita per la lotta alle mafie, deve costituire un esempio utile a promuovere la cultura della legalità ricordando proprio quelle persone come lui che per essa hanno perduto la vita.

Su questo assassino ci sono ancora molti punti oscuri. La mafia, certo, fece la sua parte, ma su quella strage  ci sono ancora tante ombre che vanno dal coinvolgimento di frange terroristiche fino a pezzi deviati dello Stato.



Vincenzo Musacchio, giurista, criminologo e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (Riacs) di Newark (Usa). È ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera, il giurista è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80. È attualmente tra i maggiori esperti a livello internazionale nello studio della criminalità organizzata transnazionale.