Un ragazzo di vent’anni vola in cielo: è una tragedia di per sé. Mentre questo calvario, umano e processuale, si dipanava, siamo stati e tuttora siamo alle prese con una rivoluzione sociale, e i suoi riflessi sul nostro atteggiamento nei confronti dell’assoluto, dove lo spirito dei cari scomparsi si riposiziona secondo il tempo che scorre.

La storia è nota, nella sua diacronia, ma è solo un contenitore, perché dentro non troviamo quasi nulla. Marco è giovanissimo, bello, lanciato verso il futuro. I genitori Marina e Valerio sono una coppia affiatata, di una genia per bene che, va detto, ed è una delle poche conseguenze positive di questa atrocità, si dispera di incontrare in questi tempi bui. La famiglia, non molto numerosa tra zii e cugini, viaggia d’amore e d’accordo e tutti si adoperano per gli altri: mulino bianco? E se fosse, dispiace forse che possa accadere?

Marco è stato cresciuto con tutti i crismi, è sano e sportivo e, in quel maggio 2015, sta per riprendere la sua attività di “baywatch” . Un amico descrive il suo coraggio, allorché egli trasse in salvo una famigliola in gommone che turbinava tra le onde.

Non nascondiamocelo: a ciò che avevamo ascoltato in un quinquennio, abbiamo voluto aggiungere la visione della puntata di “Amore criminale” dedicata al caso, spaesati per l’introduzione di questa fattispecie in una serie dichiaratamente creata per parlare del famigerato “femminicidio” o, al limite, anche il contrario, partendo però da una situazione di innamoramento che degenera in crimine, ma qui, perché? Per audience? Non vogliamo crederlo.  Per aiutare ancora una volta i genitori affranti? Si immagina di sì, anche se questo forza la mano anche agli esiti sentenziati.

Riceviamo dunque la conferma di una vita specchiata, che si infrange anch’essa sulle onde, ma di cosa precisamente? C’è un silenzio in partitura, un’incoerenza fuori dal comune, difficilmente rinvenibile in tante cronache pur agghiaccianti dove, tuttavia, si coglie una linearità, seppure abnorme, nella vita e nell’agito del colpevole.

Occorre far la tara alle narrazioni,  evidentemente piegate a un fine, per nobile che sia.  Si fronteggiano due schieramenti: quello dei condannati e quello dei familiari della vittima. Da garantisti storici, tentiamo di vedere le ragioni dei primi.

Tutta l’indagine è stata troppo mediatizzata, lamentano i Ciontoli: è vero, ma era il 2015, c’erano già smartphone, web, satellitari e televisione selvaggia, non ci ha pensato nessuno di loro? E’ accaduto ad altri, perché si sarebbe dovuto assistere a un’eccezione?

Secondo i genitori, Marco non avrebbe mai fatto il bagno, in quanto igienista convinto dedito solo alle docce. Forse non è detto. Proprio perché amante della pulizia, il giovane potrebbe essersi adattato alla bisogna con quel che c’era; e, dopotutto, fuori casa  i figli si concedono qualche deviazione dalla routine, in questo caso, probabilmente, al solo scopo del quieto vivere.

Martina era gelosa di Marco e non gli dava requie. Probabile. Una coppia di quell'età, formatasi quando entrambi erano sedicenni, vive un amore ormonale, che viaggia sulle montagne russe anche quando si tratta di bravi ragazzi, qualità che fino a quel momento ambedue sembravano possedere.

Non è stato il padre, ma il figlio: uno scenario che comporterebbe una psiche malata e morbosa, se un fratello imitasse ciò che ci capitò di sentire a proposito della morte del “genero” di Marlon Brando, ucciso dal figlio del divo e fratellastro della figlia incinta, cose da quinto mondo o da vip balzani, e non ci sembra questo il caso; a meno che non si voglia ipotizzare un gioco pericoloso armi in mano, ma Federico Ciontoli non pare aver mai mostrato passioni balistiche.

Il capofamiglia è stato beccato mentre abbordava una prostituta? Questo pettegolezzo è il frutto bacato di una spaccatura del capello in otto, che le trasmissioni a tema praticano alla forsennata rincorsa dell’ascolto, ma ai fini della ricerca della verità, vale zero; e la ribollita indigesta servita da un particolare programma, ripresa da cani e porci, secondo cui un carabiniere si sarebbe prestato ad aiutare la famiglia del militare, per ora non ha avuto rilevanza in sede giudiziaria.

I nostri sforzi si esauriscono presto: non rinveniamo logiche, non veniamo a capo di un algoritmo comportamentale, sia pure abietto, che possa giustificare quanto accaduto. Al limite, ha più senso l’operato di un serial killer, nel suo genere.

La nonna di Marco Vannini ha parlato di diavoli protetti da altri diavoli, ecco: dall’inferno qualcosa ha fatto capolino, non c’è altra spiegazione.