La vicenda di Serena in Lombardia, sesta persona in Italia a ricorrere al suicidio assistito, e la legge sul fine vita recentemente approvata dalla regione Toscana, hanno riacceso il dibattito su un tema che divide l'opinione pubblica e la politica.
Se da un lato una sentenza della Consulta ha reso possibile questa pratica, dall'altro l'assenza di una legge nazionale crea disomogeneità nell'applicazione, lasciando spazio a interpretazioni e incertezze.
"Serena (nome di fantasia a tutela della privacy), cinquantenne affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni, - ci informa l'Associazione Luca Coscioni - è morta nelle scorse settimane a casa sua, nella località dove viveva, in Lombardia, a seguito dell'autosomministrazione di un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale, insieme alla strumentazione necessaria. “Serena”, a causa della malattia, era paralizzata e costretta a una condizione di totale dipendenza e necessità di assistenza continuativa. È il primo caso in Lombardia".
Questo il suo messaggio:
"La mia breve vita è stata intensa e felice, l'ho amata all'infinito e il mio gesto di porre fine non ha significato che non l'amassi. L'ho vissuta nonostante tutte le mie difficoltà per tantissimi anni, come se questa malattia non fosse dentro me. Ho affrontato la mia disabilità con rispetto e dignità. Quando però cominci a sentire la sofferenza oltre a quella fisica ma dentro l'anima, capisci allora che anche la tua anima deve avere il diritto di essere rispettata con la dignità che merita. Questo è ciò che nessuno può toglierti e non deve mai accadere… libera".
A ostacolare una legge nazionale che dia seguito a quanto la Consulta, ormai da anni, ha deliberato invitando il Parlamento ad approvare una legge che consenta alle persone che lo richiedono, e che in base alle norme di bioetica ne abbiano diritto, di decidere quando è arrivato il momento di porre fine ad un'esistenza che non è vita, ma solo accanimento terapeutico, senza ogni volta dover anche lottare contro la burocrazia e le forze politiche che si fanno propaganda persino sul dolore ndegli altri.
E questo anche da rappresentanti di forze politiche che, in teoria, dovrebbero essere a favore di una legge sul fine vita, come dimostrano le surreali parole del presidente della regione Puglia, Michele Emiliano:
"Una legge non aggiungerebbe nulla a quello che già la Corte costituzionale ha stabilito. Noi non abbiamo competenza legislativa in questa materia, ma solo attuativa della sentenza della Corte. Per attuare quest'ultima già da anni abbiamo scelto la via dei provvedimenti amministrativi. La legge è solo una sottolineatura polemica alle inadempienze del Parlamento".
Così gli hanno risposto Marco Cappato e Filomena Gallo:
"Crediamo che il Presidente non possa e non debba ignorare le differenze tra i due provvedimenti: una delibera non ha, per sua definizione, la forza vincolante di una legge: ha un valore esclusivamente interpretativo. Quindi, se una persona malata si vedesse negato il diritto ad accedere in tempi certi alla morte assistita, non avrebbe strumenti a sua tutela.Nel merito, inoltre, la delibera della Regione Puglia, si limita a prevedere che «il Comitato Etico è tenuto ad esprimere il parere nel più breve tempo possibile» senza stabilire procedure e tempi certi, obiettivo fondamentale della legge regionale Liberi Subito, che interviene per regolamentare l'accesso a un diritto già stabilito dalla sentenza Cappato- Antoniani dalla Corte costituzionale.Infine, considerare una legge regionale come un semplice strumento di “polemica” significa degradare l'importanza non solo del processo democratico che porta all'approvazione di una legge, ma anche del ruolo che la Costituzione assegna alle Regioni in materia di salute. Ci auguriamo che il Presidente Emiliano voglia riconsiderare questa sua presa di posizione, chiediamo a tutte le Consigliere e Consigliere regionali della Puglia di avviare il dibattito sulla nostra proposta di legge regionale Liberi Subito, senza polemiche ma anche senza fuggire dalle responsabilità".
Sorprendentemente, invece, il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, esponente di primo piano di un partito come la Lega, che adesso è alleato e/o sostenitore dei partiti nazifascisti non solo d'Europa ma dell'universo mondo, interviene sul tema del fine vita per ricordare al governo (di estrema destra) la necessità di una legge nazionale che regolamenti il suicidio assistito.
In un'intervista a Repubblica, Zaia ha affermato, senza ipocrisia, che "il fine vita esiste già" grazie alla sentenza della Corte Costituzionale del 2019, che ha aperto la strada a questa possibilità, aggiungendo che "sui temi etici non deve prevalere la casacca politica":
"Fine vita, serve una legge nazionale non si può più fingere!"