In occasione della presentazione della settimana mondiale del cervello promossa dalla società italiana di Neurologia (Sin)  il collega Alessandro Padovani, direttore della clinica Neurologica dell'Università di Brescia, in un suo intervento ha sottolineato che a seguito della prima ondata pandemica sono stati segnalati sintomi persistenti, soprattutto di natura neurologica, tra i sopravvissuti al Covid-19.

Il convegno quest'anno aveva quale tema   "Il Cervello ai tempi del Covid".

Il collega ha marcato una importante distinzione tra long-Covid e post Covid, ossia tra i  i casi in cui c'è una reale persistenza dei sintomi neurologici (long-Covid) e i casi in cui si tratta di sintomi o disturbi insorti in epoca successiva all'infezione Covid-19 (post-Covid).

I dati ad oggi pubblicati, secondo l'esperienza maturata in reparto da Padovani  presso l'Unità Neurocovid  di Brescia non consentono di attribuire a meccanismi precisi né la persistenza né la comparsa successiva di tali sintomi sebbene sia in molti casi chiara la relazione con la gravità dei sintomi all'esordio. Non sono da mettere in secondo piano anche le problematiche psicologiche conseguenti al superamento della malattia e al variare degli stili di vita di questo periodo di pandemia.

Probabilmente, secondo Padovani,  i problemi cerebrali  persistenti di COVID-19 sono espressione di più sindromi risultanti da distinti processi durante la malattia, che colpisce più organi e apparati.

Interessante lo studio COVID -NEXT in corso di pubblicazione e ancora in esecuzione a Brescia.

Tra i sintomi  che si sono riscontrati ricorrono con maggiore frequenza, l'astenia, i disturbi cognitivi, il deficit di concentrazione, i disturbi del sonno, i dolori diffusi muscolari,  vertigini e instabilità, disturbi depressivi e anche disturbi della vista, parestesie periferiche con formicolii.

"Lo studio ha permesso di rilevare una stretta correlazione del numero dei sintomi neurologici con la gravità dell'infezione Covid, con l'età avanzata e con lo stato di salute, ovvero l'elevata multi-morbidità all'ingresso e alla dimissione dall'ospedale. Tuttavia, precisa Padovani,  va tenuto presente che nei soggetti ospedalizzati che non hanno manifestato una gravità elevata i sintomi più frequenti rilevati a 6 mesi di distanza dall'infezione Covid sono risultati i disturbi depressivi/ansiosi, i disturbi del sonno e i disturbi di concentrazione, presenti in oltre il 30% del campione"."La ricerca è in corso per differenziare i sintomi di un decorso prolungato della malattia da Covid-19 dalle sequele a seguito della risoluzione dell'infezione acuta da SARS-CoV-2, per raggiungere il consenso sul periodo di tempo in cui definire le fasi post-acute e a lungo termine di Covid- 19, e distinguere gli effetti sulla salute legati esclusivamente all'infezione da SARS-CoV-2 dalle conseguenze delle procedure e dei trattamenti richiesti per l'assistenza di persone con malattie gravi di qualsiasi eziologia".

In molti centri in tutta Italia sono presenti centri di assistenza post Covid-19  ambulatoriali che offrono anche sostegno psicologico per tutti i pazienti che hanno superato la malattia.

Si è fatta strada in questi mesi  “L' Ansia da Limbo”, che non comprende soltanto l'ansia dell'attesa per il vaccino che sconfigga il virus SarsCov2, ma ad esserne colpito è anche chi è malato di Covid, magari da lunga data, e si trova nella condizione infelice di attesa di guarigione che si protrae tra alti e bassi. Ma anche chi è in attesa di fare il test o del risultato del tampone, o chi aspetta la scadenza della quarantena o dell'isolamento fiduciario.

L'ansia da limbo è un nuovo tipo di ansia che registra un disagio che si inquadra tra gli effetti psichici indiretti del Covid-19, ma non è un'ansia generalizzata, collegata a una situazione di incertezza continua in attesa del ristabilirsi della normalità, ma un'ansia specifica, "da sospensione del tempo" che aumenta il malessere psichico oltre alle ricadute sociali ed economiche, con risvolti che vanno dall'ansia alla difficoltà di concentrazione, allo spaesamento, ai disturbi del sonno. Nel caso delle malattie l'attesa è associata alla cosiddetta "ansia anticipatoria", con l'attesa dell'esame, del referto, della terapia che si accompagna alla paura connessa alla singola malattia che viene indagata. La popolazione ha subito e subisce "l'attesa" determinata dalla presenza di questo virus che desta preoccupazione e angoscia perché non ha un trattamento specifico  soffre il clamore mediatico .

La sospensione del tempo è percepita da chi attende il giudizio del tampone, di fare il test o la fine della quarantena, come un'attesa alterata, infinita e dilatata, che ognuno elabora in modo diverso. 

Tutto questo in un era di stress ed ansia e specialmente in soggetti già depressi e ansiosi  "la sospensione del tempo dell'attesa di un possibile evento negativo aggrava l'intensità dell'ansia" .

In questo periodo andrebbero incentivati i servizi territoriali di salute mentale e consentire a molti di avvicinarsi a psichiatri e psicologi. 

 

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