Numerosi esperti e studiosi di ogni tempo hanno provato a classificare i diversi modelli comportamentali negativi del genere umano. Emerge, come sempre, a distinguere e annullare ogni modello negativo, l’innata indole altruistica dei soggetti. Ma molto più spesso l’essere umano pare avere un’indole neutra sotto quest’aspetto, ed è indubbiamente un’adeguata formazione quella che andrà a determinare il suo modello caratteriale. Nascere altruisti, insomma, è un caso, o non è elemento così forte da vincere le tentazioni della società moderna.

Sia per caso, che per formazione, ogni eventuale deficit dell’altruista – anche cognitivo – purché non fisiologico, è recuperabile dallo stesso con uno sforzo naturale. Si tratta anche delle persone alle quali un divulgatore culturale, come un creatore di pensieri e cultore di riflessioni, riesce validamente a parlare.

L’altruista – nella forma “positivista” in cui ne discutiamo qui – non è né buono né cattivo; semplicemente è cosciente che l’interazione, la collaborazione e la solidarietà tra essere umani è fondamentale e imprescindibile. Come sappiamo si tratta di una visione puntualmente teorizzata da uno scibile unanime di pensiero, come unico modello vantaggioso per il genere umano: agire per il bene proprio e quello degli altri, oppure non danneggiare gli altri quando si agisce per il bene proprio.

Quindi facciamo attenzione all’asse dell’altruista di cui ci stiamo occupando: non è necessariamente il “buono” che cerca il bene degli altri come scopo della vita, ma il soggetto che pensa a sé anche all’interno di un certo confine di egoismo psicologico, badando ai propri interessi con l’etica di non danneggiare nessun altro e, se possibile, far replicare anche agli altri il vantaggio ottenuto per sé.

In prevalenza è un pensiero di corrente filosofica positivista, ma largamente condiviso poiché tendente alla conservazione della specie. Si pensi all’altruismo dei genitori verso i figli, che va ben oltre il nostro modello e che arriva anche a sacrifici estremi pur di proteggere e salvare i figli stessi, garantendo quindi la prosecuzione della specie. Questo era uno degli esempi particolari che faceva il filosofo francese Auguste Comte, fondatore del positivismo e della sociologia.

Dunque l’altruista è un soggetto aperto. Osserva i propri simili, li aiuta se serve, ed è molto interessato alle esigenze e alla visione della vita di ciascuno. Non si sente al centro di nulla, ma parte dell’insieme; anche quando l’insieme non riesce ad accoglierlo. Per esempio in una situazione in cui il gruppo è formato quasi esclusivamente da persone con modelli comportamentali incompatibili. I modelli incompatibili con un soggetto altruistico sono di schiacciante maggioranza, quindi è tutt’altro che raro trovarsi in un tale insieme, e dunque sentirsi a disagio nella propria vita.

Ma quali sono questi altri modelli comportamentali?

Come dicevo, esistono svariate classificazioni. Per sintesi possiamo considerare i soli modelli antagonisti, ossia i modelli egoistici. Questo ci aiuta a semplificare e dividere la razza umana in due grandi gruppi: altruisti ed egoisti. Senza però cadere nell’errore del tutto bianco o tutto nero, perché naturalmente esistono infinite sfumature di altruismo e di egoismo. Ed esistono anche le pulsioni, le reazioni, gli eventi negativi della vita che sono in grado di far sfumare un’indole altruistica verso atteggiamenti egoistici perduranti e distruttivi.

Scrivevo, qualche tempo fa che siamo tutti filosofi. Quello era un auspicio, ovviamente; e se lo fossimo in maniera dominante saremmo anche altruisti. Invece, nella realtà, vince il modello egoista che non è certo molto amico dei filosofi, e ciò accade per un manifesto orientamento che fornisce la società moderna. Non compensa, purtroppo, la ridotta quota di altruisti per temperamento genetico, considerato che nella stragrande maggioranza dei casi l’indole parrebbe neutra, e comunque non così resistente (se altruista) da vincere le “tentazione” di una società che si esprime prevalentemente con modelli egoistici.

Tra le fila degli egoisti sfilano schiere di stupidi, edonisti, narcisisti, più spesso narcisisti patologici. E’ verosimile affermare che il gruppo degli egoisti sia in assoluto quello dominante nel mondo occidentale, e non solo. L’egoismo consta di un atteggiamento di prevaricazione nei confronti degli altri, ed è una prevaricazione corrosiva che vuole sempre e comunque ottenere ragione e attenzione, e non ammettere mai di essere egoista.
Chi leggerà questo articolo, ad esempio, probabilmente si identificherà in esso ma non certo come egoista, ma come una vittima di quest'ultimo genere di individui. La realtà è che probabilmente sono degli egoisti che non ammetteranno mai tale condizione. E’ un bene rispetto alla sotto categoria degli “egoisti cinici”, perché chi non ammette la propria condizione vive in uno stato di dissonanza cognitiva (ne abbiamo parlato) che può essere corretto. Dipende dalla gravità della situazione e dal sottogruppo a cui l’egoista appartiene.

La mancanza di ammissione sull’essere egoista è pari al negare qualunque altro deficit dell’egoista stesso. Per esempio quando egli ha torto su qualcosa o quando deve ammettere un proprio difetto. Nel caso dell’egoismo più tossico, ossia quello del narcisista patologico, l’individuo è talmente concentrato su sé stesso che chiunque provi a stabilire un rapporto con lui ne viene totalmente annichilito! E’ il genere di individui da cui tenersi davvero molto alla larga.

Non è tuttavia il narcisista patologico l’individuo più temibile, quanto invece l’egoista che io chiamo “egoista sfumato”, il soggetto che riesce a dissimulare il proprio egoismo camuffandolo con comportamenti apparentemente legittimi e giustificabili, perfino apparentemente altruistici. Il narcisista patologico, come lo stupido, lo fanno in maniera eclatante, e sono più facilmente riconoscibili; mentre – appunto – l’irragionevolezza dell’egoista sfumato, la sua disonestà intellettuale, la chiusura mentale nel dialogo, l’egocentrismo, sono appunto sfumati su questioni che in apparenza hanno senso. Un comportamento che potremmo definire leopardato, e il cui fine è comunque pedissequo al genere degli egoisti: non tollerare le legittime esigenze degli altri e non interessarsi se il proprio comportamento li danneggerà.

Nel dialogo, che è la base di ogni rapporto, un’egoista si atteggia continuando a sfuggire al nucleo dell’argomento. Il dialogo fallirà inesorabilmente perché non si potrà mai approdare a nessuna conclusione, talmente saranno tanti, e spesso privi di senso e connessione, gli argomenti che l’egoista proverà a sollevare per farsi ragione.

In concreto, i danni a cui possiamo assistere sono di vario ordine: banali e ripetute incomprensioni che avvelenano un rapporto, uccidendolo pian piano; accordi falliti perché non si trova un punto d'incontro; litigi a causa di incomprensioni più violente e incisive; controversie legali di ogni genere; fino a giungere a eventi molto più gravi e talvolta definitivi. L’egoismo può uccidere, stiamo attenti!

Come si può curare questo antagonista tossico dell’altruismo?

Non credo che ci siano attualmente strumenti in grado di poter invertire il processo che ha formato un’egoista, a qualunque gruppo esso appartenga. Lo ritengo un male che può essere esclusivamente prevenuto. Ed ancora una volta con l'educazione, fin da bambini, a quelli che sono i valori veri dell'umanità; impartendo anzitutto l'amore per la cultura, per il dubbio, per tutto quello che è cibo vero per la mente, e che serve a elaborare e criticare soprattutto i propri pensieri.

Questo è un argomento molto importante. A mio parere vale la pena di tornarci spesso, riflettendo e cercando qualunque soluzione, anche solo per arginarne il fenomeno. Ridurre, perlomeno, l’enorme percentuale di persone che soffrono un egoismo tossico per sé e per i propri simili. Non può esserci riflessione sul buon esempio, sulla buona volontà, sulla vera natura della felicità, sulla lotta all'indifferenza, sull'onestà intellettuale, e su tutto il resto di cui parlo spesso, se non ci preoccupiamo soprattutto del problema dell'egoismo. Altrimenti sarà come parlare a un muro, e a poche persone peraltro già convinte dell’importanza di certe riflessioni.

Le riflessioni non attecchiscono nell’egoista, che pur farà finta di accoglierle e condividerle. Tuttavia è principalmente per loro che bisogna scrivere, divulgare, potenziare ogni concetto con la forza di argomenti che provino a far breccia in quella corazza di egoismo, la quale impedisce loro di valutare il bene per la specie oltre che il proprio.

Non esiste, come già detto, il solo bianco e nero. Proprio il confidare su quelle sfumature consente di sperare che alcuni stimoli giungano a segno!



Base foto: sezione di “Eco e Narciso”, un dipinto del 1903 di Nino Waterhouse