Politica

L'iniquo contributo minimo INPS per commencianti e artigiani

"Tutti coloro che nel nostro Paese hanno voglia di fare impresa con nuove attività commerciali o artigianali, trovano un grosso ostacolo, talvolta insormontabile, nel contributo minimale Inps, che ogni commerciante e ogni artigiano deve pagare allo Stato.Chi infatti vuole aprire una nuova attività come commerciante o artigiano, indipendentemente dal fatturato che farà, indipendentemente da quanto guadagna o da quando potrà guadagnare, entro la fine dell’anno dovrà pagare, ogni anno, circa 4.000 euro all’Inps.Si tratta di circa 3.800 euro che spaventano tanti giovani che desidererebbero avviare nuove iniziative imprenditoriali, ma che non vogliono correre il rischio di dover pagare allo Stato più di quanto potrebbero guadagnare con la nuova attività. Questa assurda imposizione è anche all’origine di centinaia di migliaia di cartelle esattoriali e altrettante chiusure di piccole attività con debiti che non potranno mai essere sanati se non si interviene con un saldo e stralcio.Molte di queste, infatti, conseguono ricavi inferiori ai 5000 euro e scelgono pertanto di svolgere al nero la propria attività.Ora è il momento giusto di eliminare tale obbligatorietà, rimuovendo questo contributo minimale e sostituendolo con dei versamenti proporzionali alle entrate, così da uniformarlo alle regole vigenti per la Gestione separata INPS dove versano già molti autonomi e Partite Iva". 

Ciò che avete letto fino a questo momento non è frutto delle mie parole, bensì proviene direttamente dal programma di Fratelli d’Italia presentato in occasione delle elezioni del 25 settembre 2022, corredato dall’immagine sorridente di Giorgia Meloni.

Questa rappresenta un’ulteriore promessa non mantenuta da parte di questo governo. 

È una promessa infranta soprattutto nei confronti dei giovani che non desiderano restare inattivi sul divano in attesa di un sussidio, ma che aspirano a trovare la propria strada avviando una propria impresa. Tuttavia, molti di loro non dispongono della necessaria solidità finanziaria per affrontare l’avvio con ingenti perdite. Sappiamo bene, infatti, che i primi anni per una nuova impresa sono i più ardui e se ai limitati guadagni si aggiungono le “assurde imposizioni” (cito il testo), ciò rende quasi impossibile il raggiungimento del successo, a meno che non si abbia la fortuna di poter contare su una famiglia in grado di fornire sostegno economico.

Tuttavia, il problema non concerne soltanto i giovani, ma coinvolge anche numerose famiglie. Oggi, grazie a Internet, è possibile avviare diverse attività in modo relativamente semplice direttamente da casa, e coloro che sono già occupati nel loro tempo libero potrebbero creare un secondo lavoro per integrare il proprio stipendio e garantirsi una vita più serena. Lo stesso argomento potrebbe applicarsi a molti pensionati, i quali desiderano ancora mettersi in gioco per integrare pensioni sempre più esigue.  Facciamo un calcolo prendendo ad esempio le affiliazioni online (semplificando: promuovo un prodotto e ricevo una piccola percentuale se qualcuno lo acquista): oggi, se in un anno riesco a guadagnare 5000€, considerando le spese, le tasse e i contributi, mi rimarrebbero circa 130€ (11€/mese); eliminando il contributo minimo potrei contare su circa 3200€ (266€/mese). Come si può osservare, la differenza è considerevole. 

Ciò che risulta incomprensibile è il motivo per cui una modifica di tale semplicità non sia stata ancora realizzata. Praticamente tutti i partiti sembrano concordare; non ritengo che l'INPS subirebbe ingenti perdite economiche, poiché la riduzione del contributo minimo sarebbe compensata da un aumento delle iscrizioni di chi attualmente lavora in nero; lo Stato ne trarrebbe vantaggio attraverso la tassazione e la diminuzione dell'economia sommersa; i cittadini pagherebbero quanto dovuto e sarebbero in regola. 

Perché dunque questo ingiusto contributo minimo non è ancora stato abolito?

Autore Pier Luigi Paolini
Categoria Politica
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