Martedì mattina, Michel Barnier, capo negoziatore Ue per la Brexit, ha dichiarato che un'uscita del Regno Unito dall'Europa senza alcun accordo non è proprio ciò che l'Unione si sarebbe attesa, ma questa possibilità sta diventando però sempre più probabile, ogni giorno che passa, e che i 27 Paesi membri saranno preparati ad affrontarla.

La dichiarazione segue il nulla di fatto emerso ieri dalla Camera dei Comuni, dove i parlamentari erano impegnati in una ulteriore sessione per esprimere dei voti indicativi sulla Brexit.

Le mozioni presentate, anche se avessero ottenuto una maggioranza, non sarebbero state vincolanti per il Governo, avrebbero comunque dato dei suggerimenti in merito alle decisioni da prendere. Ma non c'è stato accordo su nessuno dei punti presentati, tra cui quello di un'unione doganale con l'Ue (respinta di soli 3 voti), e quello per un altro referendum.

A questo punto, il Governo dovrà nuovamente decidere in autonomia sul da farsi, con la spada di Damocle rappresentata dalla scadenza del 12 aprile.

Infatti, se per quella data Theresa May non chiedesse alcun rinvio per la Brexit, la Gran Bretagna, senza l'approvazione dell'accordo da lei firmato, sarebbe fuori dall'Europa senza alcun trattato che ne regoli i futuri rapporti. Un'eventualità, va detto, che sarebbe dannosa tanto per la Gran Bretagna quanto per gran parte dei Paesi dell'Unione.

Questo martedì, la May dovrà decidere, insieme ai ministri di un Governo sempre più spaccato, una via d'uscita a questa situazione.

Nel caso proponesse un rinvio, questo potrebbe significare nuove elezioni politiche o, in alternativa, un nuovo esecutivo, di cui però lei quasi certamente non farebbe parte.

Naturalmente, in caso di rinvio, i britannici dovranno partecipare al voto per il rinnovo del Parlamento europeo che potrebbe essere utilizzato come una specie di cartina di tornasole per testare le loro intenzioni sulla Brexit.